Cellulari, auto e pc: ecco la Cina dei record

L’aveva capito anche Napoleone nel lontano 1816: «Quando la Cina si sveglierà il mondo tremerà». E la lunga marcia della Cina comunista verso il capitalismo è, secondo Jim O’Neill, presidente di Goldman Sachs asset management, ben lontana dall’essere finita. L’elevato tasso di crescita del prodotto interno lordo del Paese nell’ultimo decennio ha portato a un aumento dei redditi reali di centinaia di milioni di cinesi, soprattutto quelli residenti nelle aree urbane. I risultati del fenomeno si stanno facendo sentire in tutti i campi. E di pochi giorni fa la notizia del sorpasso: in Cina ora si vendono più computer rispetto all’America. Nel secondo trimestre dell’anno ne sono stati venduti 18,4 milioni contro i 18,2 degli Usa. E anche se il dato non tiene conto della richiesta di tablet, che stanno vivendo un momento d’oro oltreoceano, già si ipotizza un sorpasso globale della Cina in tutti i mercati di beni durevoli e di consumo. Già due anni fa, peraltro Pechino era diventato il primo mercato al mondo per l’industria dell’auto superando l’America e lo stesso è accaduto con l’acciaio, i materiali da costruzione, nella moda e nel lusso. Dove ancora invece il sorpasso non è avvenuto è nei servizi: bancari, software, media e telecomunicazioni anche se le persone connesse a Internet sotto la Grande muraglia sono già 450 milioni. Niente sembra bloccare la «sala macchine» cinese, neppure la crisi che sta tenendo in trappola l’economia occidentale: a luglio in Cina la produzione industriale è salita del 14% rispetto a un anno prima e le vendite al dettaglio del 17,2%, tanto che in un recente studio il Credit Suisse ha lasciato invariate le stime che prevedono per fine anno un altro balzo del pil dell’8,8 per cento.
Per ora la gran parte dei profitti derivanti dalla crescita economica sono andati alle aziende statali che hanno rafforzato il loro monopolio mentre una percentuale importante della produzione viene destinata all’estero. Le esportazioni sono infatti superiori alle importazioni tanto da aver contribuito alla creazione di un surplus pari a 350 miliardi di dollari solo nell’ultimo anno. Eppure le importazioni sono rilevanti pari cioè a 1.400 miliardi di dollari ossia quasi il 40% del pil. Ma le grandi aziende di Shenzen, da sempre l’area più industrializzata della Cina a pochi chilometri da Hong Kong, producono soprattutto per grandi marchi esteri. Qui vengono prodotti non solo iPhone e iPad ma anche la maggior parte di cellulari e tablet del mondo. Ad assemblarli è Foxconn che è stata anche al centro di uno scandalo dato l’alto numero di suicidi tra i suoi dipendenti, alienati per il ritmo di lavoro imposto a salari ancora troppo bassi. In una parola si è trattato del prezzo della crescita, impetuosa dell’economia cinese, nell’ultimo decennio. Ma ora anche la Cina sta cercando di spostare la crescita sui consumi interni e punta all’affermazione internazionale di aziende come Lenovo (che alcuni anni fa ha acquistato i pc di Ibm) e Huawei sul fronte dei cellulari e apparati per tlc. Mentre Geely ha acquistato il marchio Volvo dal gruppo Ford per 1,8 miliardi di dollari. E ora anche il turismo è in corsa: Cina International Travel service, la maggiore agenzia viaggi del Paese, ha aumentato gli utili nel semestre del 44,85%. Resta però aperto il problema del cambio: il reminbi, da sempre tenuto sotto controllo, potrebbe infatti essere rivalutato per ridurre gli squilibri commerciali e fermare l’inflazione.


Ma anche in Italia l’attivismo cinese si fa sentire. Secondo uno studio degli artigiani di Mestre le aziende cinesi nel nostro Paese sono aumentate in un anno dell’8,5% raggiungendo le 54mila unità (+150% in otto anni) mentre quelle italiane sono diminuite dello 0,4%.

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