Con le cellule staminali si cureranno i tessuti epatici e renali danneggiati

«L’impiego delle cellule staminali nei modelli sperimentali con danno acuto epatico e renale è promettente», commenta il professor Giovanni Camussi, ordinario di nefrologia all’università di Torino. Questi studi sulle cellule staminali sono iniziati presso il dipartimento di medicina interna dell'università di Torino e del Centro di Gestione Autonoma (Cga) Scuola universitaria per le biotecnologie, diretti rispettivamente dal professor Lorenzo Silengo e dalla professoressa Fiorella Altruda. Le ricerche di base sono state effettuate con il supporto esterno della Fresenius Medical Care. In futuro, grazie alle nuove ipotesi di ricerca, sarà possibile ricorrere all’applicazione terapeutica per combattere le forme più gravi di malattia renale. Negli ultimi anni la possibilità che le cellule di origine staminale possano intervenire nei meccanismi riparativi nel corso del danno acuto di diversi organi è stata oggetto di intense e frequenti ricerche. L'interesse è legato all'alta incidenza con cui alcune di queste insufficienze d'organo si manifestano e sono ancor oggi gravate da una alta morbilità e mortalità.

In particolare, l’insufficienza acuta epatica e renale rappresenta un problema gravato dalla mancanza di terapie specifiche, dai costi delle terapie di supporto e dalla risoluzione solo temporanea della «fase acuta» che poi nel tempo si cronicizza. L'équipe di ricercatori di Torino ha identificato nuovi precursori epatici da culture di epatociti adulti, umani e normali.

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