Il Censis: un italiano su due colpito dalla crisi

Il 47,6% colpito "concretamente", quasi il 40% ha subito perdite nei propri investimenti, il 30% ha registrato una riduzione del reddito e, in generale. Il 60% ha cercato di ridurre i consumi. Contratta la tendenza a indebitarsi. Migliora il rapporto fra gli italiani e l'Euro

Il Censis: un italiano su due colpito dalla crisi

Roma - Un italiano su due, il 47,6% per la precisione, è stato colpito «concretamente» dalla crisi, quasi il 40% ha subito perdite nei propri investimenti, mentre il 30% ha registrato una riduzione del reddito e, in generale, circa il 60% ha cercato di ridurre i consumi, senza grandi differenze tra chi è intervenuto sulle spese in generale e chi solo su quelle voluttuarie. In compenso però i consumatori si sono riconciliati con l’euro. È questa la fotografia del Belpaese scattata dal Censis nel suo "Diario della Crisi". Ancor più dei consumi, si è contratta la tendenza, già assai modesta in Italia, a indebitarsi: nei primi tre mesi dell’anno il ricorso al credito al consumo è diminuito del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in modo particolare sono calate le richieste di finanziamento per l’acquisto di autoveicoli e motoveicoli (-22,9%), nonchè per gli elettrodomestici (-9,1%).

Euro giudicato meglio Uno degli effetti più imprevedibili della crisi è stato però quello di aver avviato una fase più rilassata nel rapporto tra gli italiani e l’euro. Il mondo dei salariati a reddito fisso ha conosciuto una piccola rivincita su tutti coloro che erano riusciti a speculare con la moneta unica. Grazie a un’inflazione sostanzialmente ferma, al calo dei mutui e dei prezzi del carburante, spiega il Censis, vi è stato un recupero del potere d’acquisto di questa categoria. Quando infatti si chiede agli europei se la moneta unica abbia contribuito a mitigare gli effetti della crisi, il 53% degli italiani risponde di sì, contro il 41% degli spagnoli, il 40% dei francesi e il 34% dei tedeschi (dati Eurobarometro). «Il momento di difficoltà - sottolinea il Censis - è innegabile, ma una lettura indistinta della situazione, come quella oggi più diffusa, rischia di suscitare un disorientamento generalizzato e controproducente ai fini di un’auspicabile reazione collettiva. Per il momento la crisi si presenta a ’mosaicò, è concentrata soprattutto in alcuni focolai, ci sono cioè settori produttivi, territori e categorie di soggetti più esposti e sotto pressione di altri».

La percentuale di italiani che dichiara di non sapere cosa fare davanti alla crisi è raddoppiata da gennaio a oggi, passando dall’8,1% al 16%, quelli che taglieranno i consumi sono saliti dal 22,2% al 35,6%. Significativa è la crescita di chi guarda al maggiore impegno lavorativo come reazione alla crisi. Ma la paura di regredire emerge soprattutto dalle previsioni che gli italiani fanno riguardo all’uscita dalla crisi: per il 68,3% di essi non è affatto vero che sia stato toccato il fondo, ma ritiene anzi che il peggio debba ancora arrivare (un timore che è più forte nel Centro-Sud che nel Nord-Ovest).

Emerge comunque la volontà di reagire alla paura dell’impoverimento cercando conferme nella capacità di acquistare prodotti che in qualche modo gratifichino. La spesa che dà soddisfazione, che permette di sfuggire la sensazione di impoverimento, senza spendere molto (un oggetto per la casa con un bel design, o un bene di consumo di prima qualità, magari in offerta): le vendite di questa tipologia di prodotto sono aumentate dell’1,4%. Comprare molto spendendo poco, il discount, i prodotti generici (che rappresentano il 13% del mercato), percentuale che è destinata a crescere; sfruttare gli incentivi economici, non solo quelli statali, ma anche gli sconti e le offerte speciali: il valore di queste vendite è aumentato del 5%. La spesa etica, prodotti ecologici o a basso impatto ambientale; il valore della praticità, ad esempio i cosiddetti prodotti ortofrutticoli di "quinta gamma", cioè quelli già lavati e tagliati, sono gli unici del comparto alimentare che hanno aumentato le vendite (+5%). Ma anche il ritorno alle tradizioni, sempre nel settore alimentare: tengono i prodotti locali, i Dop/Igp, ma anche alcuni prodotti per la cura del corpo.

Prevale la voglia di risparmiare, con le auto Gpl, o i prodotti a basso consumo energetico. I prodotti tecnologici ’funzionanò solo se hanno un contenuto di innovazione,e quindi soddisfano il bisogno di essere all’avanguardia (per esempio passare dal telefonino allo smartphone). Gli incentivi che hanno prodotto effetti positivi sono stati quelli che hanno saputo rispondere simultaneamente alle diverse richieste di nuovi valori aggiunti da parte dei consumatori. È il caso delle automobili dove gli aiuti del governo hanno spinto all’acquisto di auto ecologiche e che consumano meno, ma che, al tempo stesso, dimostrano il proprio personale non impoverimento.

Anche sugli elettrodomestici gli ecoincentivi hanno fatto leva su di un meccanismo analogo: i frigoriferi a basso consumo energetico, già da tempo incentivati, sono passati da una quota di mercato del 12% ad una del 44%, pur in presenza di un aumento del 37% dei costi. Anche in questo caso, aver sostenuto il risparmio, l’ambiente e l’innovazione, ha aiutato un intero settore a tenere, con 100 milioni di fatturato aggiuntivo per tutta la filiera.  

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