Nel commentare la censura alla mostra torinese del fotografo Robert Mapplethorpe, dove alcune sale sono state vietate ai minori, lUnità scrive che il concetto di pornografia e di osceno, oggi, può avere diverse accezioni. Per esempio, cito testualmente, «cè chi considera più pornografica una puntata di Porta a porta o un discorso di Borghezio, che un film a luci rosse». Nella stessa pagina, il critico letterario Roberto Carnero, recensisce il cofanetto Feltrinelli sulla storia di Gola profonda, film cult della pornografia, e curiosamente anche lui utilizza lo stesso accostamento. Cito testualmente: «La pornografia non scandalizza più nessuno. Probabilmente oggi giudichiamo più pornografico il comportamento del giornalista da talk show che si frega le mani nel commentare la notizia del ricovero in rianimazione del noto rampollo oppure quando mostra, tutto sussiegoso, il plastico della casetta di montagna dove è stato compiuto un infanticidio». Rispetto ad «aberrazioni di questo tipo», gli amplessi e i loro dettagli e le pratiche sessuali contro natura, conclude Carnero, «non sollevano la stessa indignazione».
Strano accostamento questo tra pornografia e Bruno Vespa, bersaglio sempre più spesso di un certo milieu intellettuale. Ci si riferisce forse alla pornografia dei sentimenti e del dolore sbattuto nelle case della gente o alla indecente mostra degli affetti che si fa nel salotto dalle poltroncine bianche? Forse. Ma non è un caso che Vespa sia già stato altre volte nel mirino e che uno scrittore come Antonio Scurati abbia espresso in diretta televisiva il desiderio di ucciderlo.
Dietro lodio per il pornografico Vespa cè un intero universo culturale. Un comunista doc come Gianni Amelio ha spiegato bene nellintervista a Barbara Palombelli sul Corriere della Sera che esiste ancora una sinistra trinariciuta. Quella che condanna DAlema perché si compra le scarpe da un milione e quella che pensa ancora «di essere una chiesa in grado di scomunicare la televisione di massa».
Latteggiamento di questo tipo di sinistra verso il piccolo schermo ha radici antiche, che affondano negli anni Cinquanta e nelle prime tribune televisive delle quali il Pci diffidava.
Se la tv a colori è un pericolo, allora è giusto vietare Vespa ai minori.
caterina.soffici@ilgiornale.it
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