"Il centrismo è destinato al fallimento"

Il ministro delle Politiche comunitarie Ronchi: "Non si torna indietro, Casini si illude. Tra Gianfranco e Silvio occorre un chiarimento. Cambiare la Costituzione da soli? No, la maggioranza ha il dovere del dialogo". Il leghista Cota: "Fini? E' fuori linea, E l'Udc a sinistra perderà voti"

"Il centrismo è destinato al fallimento"

Ministro Andrea Ronchi, Casini ha parlato di un fronte anti-Cavaliere, aprendo le porte a Fini. Nuovi assetti o fantapolitica?
«Quella del leader dell’Udc mi sembra un’ipotesi che non sta né in cielo né in terra. Il governo ha una maggioranza ampia e la legislatura durerà fino alla naturale scadenza».
Ma sia Rutelli che Casini corteggiano con insistenza il presidente della Camera. Matrimonio in vista?
«Macché: i corteggiamenti si fanno tra uomini e donne e devono restare nella sfera sentimentale, non politica».
Eppure si torna a parlare di una sorta di Kadima all’italiana: un grande centro alternativo a Berlusconi.
«Oggi il centrismo non ha ragione di essere. Qualsiasi ipotesi in questo senso è destinata a fallire».
Convinto che il bipolarismo stia bene?
«Il bipolarismo ha consentito all’Italia un assetto moderno ed europeo e dal bipolarismo non si può e non si deve tornare indietro».
Casini sostiene che, qualora si aprisse una crisi di governo, in cinque minuti si potrebbe fare un nuovo esecutivo senza fare ricorso alle urne. Possibile?
«Casini non deve farsi illusioni: i giochi di potere fatti sulla testa degli elettori non sono più possibili».
E se si andasse di nuovo alle elezioni?
«Lo stesso premier ha detto che questa ipotesi non esiste. Sarebbe un suicidio. Anche perché sono convinto che tanti nel centrodestra non vogliono il ricorso anticipato alle urne, non avendo alcun desiderio di andare a casa».
Però tra i due fondatori del Pdl è uno strappo quotidiano.
«Ma sbaglia chi pensa che Fini ponga delle questioni per rompere tutto».
E perché allora?
«Lo fa per far crescere il partito. Temi come la struttura del Pdl, le candidature alle prossime regionali, i rapporti con la Lega sono questioni che Fini ha posto da co-fondatore del Pdl e che vanno affrontate discutendo senza che questi suoi interventi possano essere considerati provocazioni».
Ma Fini sta pensando di uscire dal Pdl?
«Fini ha sciolto An, il suo patrimonio culturale e politico, per realizzare un sogno: un grande partito di centrodestra italiano. Il presidente Fini lavora per un partito che pensi all’Italia del domani, alle grandi sfide e cambiamenti, alle emergenze sociali, per evitare squilibri e pericolose fughe in avanti. Nel filone dei grandi leader del centrodestra europeo quali Aznar».
Ma i continui smarcamenti, le critiche al partito caserma...
«Normale dialettica. Ripeto, non è giusto che ogni volta che Fini pone dei problemi si ipotizzino strappi».
Be’, ma il partito sembra spaccato tra finiani e...
«No, rifiuto anche queste categorie tra finiani e non. C’è chi urla troppo».
Chi? I falchi del Pdl?
«Ma non esistono né falchi né colombe: però c’è chi alza eccessivamente la voce dando l’impressione di non voler discutere, di non avere idee. E questo per un partito è un danno».
Di fatto, tra Fini e Berlusconi, la rottura pare insanabile.
«In questa fase sarebbe utile un chiarimento tra i due per rinegoziare il patto fondativo e rilanciare l’azione del partito e del governo».
Ma su che basi?
«Quelle che sono state premiate dagli elettori del Pdl. La gente vuole che Fini e Berlusconi camminino insieme per fare le grandi riforme. E sarà così».
Ma le accuse di monarchia?
«Il presidente della Camera ha un ruolo istituzionale ed è corretto che difenda il Parlamento e le istituzioni».
C’è chi dice che un Berlusconi irritato, domani a Milano (oggi per chi legge, ndr), possa fare un discorso da «Predellino 2». Possibile?
«Non so cosa dirà Berlusconi. Una cosa so di certo: che è necessario strutturare il Pdl, rilanciarlo, facendo in modo che il governo affronti le grandi riforme. È questo il motivo per cui gli italiani ci hanno votato».
Riforme: giustizia inclusa?
«Assolutamente sì, ma non solo. Dobbiamo agire in un momento economicamente delicato, coniugando rigore e sviluppo, per dare sostegno alla piccola e media impresa. Occorre continuare su questa strada, visto che i dati Ocse dicono che in Europa l’Italia è il Paese che sta meglio».
Berlusconi ha detto: cambieremo la Costituzione anche da soli. Concorda?
«Un governo che gode di questa maggioranza ha il diritto-dovere, sul tema delle riforme, di cercare il più ampio consenso possibile».
Il solito ritornello delle riforme condivise?
«Il governo non può e non deve fare l’errore di non cercare il dialogo e il confronto ma...».


Ma?
«Se poi in nome di un antiberlusconismo preconcetto l’opposizione non le vuole fare, be’... Se ne assume la responsabilità di fronte al Paese. Ma ripeto, il governo non faccia l’errore di non ricercare, su temi così importanti, il più ampio consenso possibile».

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