Centristi perplessi

RomaLa querelle a cielo aperto che scoppia nel day after del congresso futurista non provoca certo brividi di piacere tra gli alleati centristi. I coinquilini del Terzo Polo guardano stupiti e perplessi a quella sorta di resa dei conti che è scoppiata tra falchi e colombe nel partito di Gianfranco Fini. E si chiedono se fosse davvero impossibile trovare la quadra nelle segrete stanze del congresso Fli, senza portare sotto i riflettori la fotografia di un partito che perde pezzi all’indomani del proprio congresso costituente.
Nessun dirigente dell’Udc, naturalmente, si permette di criticare apertamente le scelte adottate nelle assise congressuali milanesi. Tra i dirigenti centristi, però, qualche perplessità circola sull’organigramma e sulla decisione di nominare Benedetto Della Vedova capogruppo. Nessun dubbio sul valore e la qualità della persona, una delle menti pensanti più apprezzate del partito finiano. Ma diversi dirigenti si sono chiesti se fosse davvero opportuno affidare un ruolo così strategico all’uomo che più di ogni altro dentro Futuro e Libertà rivendica la propria laicità da radicale rispetto ai temi etici, peraltro proprio alla vigilia della discussione sul testamento biologico. Perché, si chiedono nell’Udc, dare all’esterno un segnale identitario così chiaro in una fase in cui il Polo della Nazione cerca di incunearsi nelle perplessità della Chiesa cattolica sul berlusconismo e scalfire quel muro di prudente indifferenza costruito dalla Cei attorno al cosiddetto «terzo pasticcio»? Perché regalare argomenti a chi teme che la nuova galassia centrista-futurista si riveli un gruppo troppo disomogeneo, un soggetto ibrido con differenti visioni sui valori della politica, della cultura della vita, unito soltanto dall’ antiberlusconismo?
D’altra parte sono passate soltanto due settimane dall’assemblea dei parlamentari centristi, futuristi e rutelliani di Todi. E i fuochi di quel dibattito, decisamente aspro, sulle questioni etiche sono ancora vivi nella memoria di molti. In quella sede il confronto sui «valori inderogabili» esplose mettendo a nudo differenze fin troppo visibili. Da una parte Benedetto Della Vedova a rivendicare il diritto di cittadinanza per le sue posizioni laiche e libertarie. Dall’altra Rocco Buttiglione schierato a difesa del suo territorio valoriale e deciso nel rivolgersi all’allora vicepresidente dei deputati di Fli con queste parole: «Se pensa di utilizzare il Nuovo Polo come un “cavallo di Troia” per promuovere la scristianizzazione dell’Italia ha sbagliato i calcoli. Molte cose che Della Vedova ha indicato come valori positivi per me sono invece elementi disgreganti della società. Non ci sposteremo dalle nostre posizioni sui valori non negoziabili anche se non pretendiamo di qualificarci come una formazione schierata su queste posizioni». Un monito rispedito al mittente dall’ex presidente dei Radicali Italiani. «Sui temi civili i valori non negoziabili per la Chiesa sono stati valori sempre molto negoziati» diceva Della Vedova. «Casini ha ricordato che la nostra identità è quella cristiana: penso si possa tranquillamente dirlo ma dobbiamo parlare della identità cristiana dell’Europa per come è. Perché è nel mondo cristiano che gli omosessuali non sono discriminati, ma sono persone alle quali vengono riconosciuti tutti i diritti individuali.

La Chiesa italiana, però, era contro l’unità d’Italia e la scolarizzazione di massa, e fu la Chiesa con il cardinale Montini a suggerire ai costituenti di non avallare la piena parità giuridica». Un botta e risposta le cui ceneri ancora non si sono spente. E che la scelta di Fini di affidarsi al tendem laico Bocchino-Della Vedova per i due ruoli più pesanti del partito non può che riattizzare.

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