Politica

«Il centrodestra non ignori i valori riscoperti dal Paese»

Claudio Pompei

da Roma

«Chi non ha il coraggio di combattere per le proprie idee, non è degno nemmeno di professarle». Mario Baccini, ministro della Funzione pubblica, coglie al volo l’occasione del grande risultato astensionista sui referendum per mandare un messaggio a quanti si dicono cattolici ma poi, nell’impegno politico, seguono altre strade. Lui, invece - che si è formato alla scuola dell’Azione cattolica e delle Acli, ricoprendo incarichi via via sempre più impegnativi, dal consiglio circoscrizionale al ruolo di sottosegretario agli Esteri e poi ministro - non ha avuto dubbi sulla battaglia in difesa della vita.
Quali conclusioni trarre dal voto referendario?
«Il referendum ha fatto emergere una realtà sulla quale tutti gli analisti sembrano da tempo trovarsi d’accordo: la riscoperta dei valori. Il Paese ha dato un segnale preciso con il risveglio delle coscienze; e noi abbiamo il dovere di dare seguito a questo sentimento popolare che attraversa tutti i segmenti della società, a partire dai giovani».
Nella Cdl, l’Udc è stato l’unico partito a schierarsi per l’astensione...
«L’Udc ha radici molto forti nella tradizione cristiana ma, al contempo, ha una concezione autenticamente laica dello Stato e delle Istituzioni. Ovviamente un risultato di queste proporzioni è stato possibile grazie alla stragrande maggioranza degli elettori moderati. Ecco perché quando parlo di “risveglio delle coscienze” sono convinto che i valori debbano essere al centro della politica. E anche il dibattito sul cosiddetto partito unico del centrodestra non può prescindere da tutto ciò».
All’interno di An qualcosa si muove.
«Senza voler entrare in casa d’altri, c’è da dire che il risultato referendario non si può rapportare all’interesse di un singolo partito o, peggio, di una corrente. L’insegnamento da trarre è che adesso è necessario organizzare le coscienze: questa è la sfida impegnativa che ci attende. Dobbiamo ripartire insieme da una visione di valori condivisi, altrimenti il “partito unico” rischia di rivelarsi un mero contenitore di interessi elettorali. Per carità, possiamo anche parlarne, ma la vera scommessa è sulle aspettative concrete della società, delle famiglie».
E nel centrosinistra?
«Le polemiche di questi giorni dimostrano che nulla si può dare per scontato, a partire dall’esito delle elezioni politiche del 2006».
Ma c’è anche il Campidoglio come banco di prova. Lei che è un profondo conoscitore del territorio, come vede la sfida a Veltroni?
«Da molti cittadini, ma anche dal mondo del volontariato e dell’associazionismo, da alcuni centri studi sembra crescere la richiesta di una vera alternativa all’attuale governo capitolino, che bada molto alle politiche di facciata ma mostra preoccupanti carenze nella gestione dei servizi».
Eppure i romani sembrano soddisfatti...
«È il contrario. Sento molta gente che vorrebbe vedere meno nastri da tagliare e più attenzione al sociale e ai problemi concreti, come le buche, i trasporti pubblici, il traffico. Veltroni invoca poteri speciali su tutto, dall’urbanistica alla mobilità, ma non dimentichiamoci che la capitale è governata dalla sinistra da almeno 12 anni».
La Cdl si interroga su chi sfiderà Veltroni. Se chiedessero a lei di candidarsi?
«Il mio attuale impegno non consente distrazioni. Però bisogna correre ai ripari. Da Roma stanno scomparendo i grandi circuiti assicurativi e bancari, le grandi aziende si trasferiscono al Nord.

Bisogna tornare a dare certezze a questa città».

Commenti