Cercate un alloggio a Roma? Rivolgetevi all’agenzia no global

I disobbedienti occupano le case e ne ottengono il cambio di destinazione d’uso (da ufficio ad abitazione). Poi le piazzano in base alle loro liste di merito

Claudia Passa

da Roma

Ci vuole ben altro che una lista d’attesa e la pia rassegnazione di chi continua a confidare nella legge. Se a Roma siete sotto sfratto e sperate di trovare un tetto, preferibilmente gratis, nell’era veltroniana conviene affidarsi ad Action e alla sua «burocrazia parallela». Ai suoi «codici», ai metodi di lotta che sembrano aver la meglio in questa strana città dove gli stessi no-global che praticano le «okkupazioni» hanno la delega del municipio per gestire gli sportelli istituzionali per l’emergenza abitativa. E dove il presidente «rifondarolo» della circoscrizione Cinecittà ha riscosso consensi in consiglio comunale «espropriando» uno stabile sfitto.
È formidabile la «struttura parallela» messa in piedi dall’organizzazione di Nunzio D’Erme e Guido Lutrario: tramite gli «sportelli autogestiti» raccoglie senzatetto da «collocare» mentre alcuni municipi della Capitale ospitano gli «sportelli per l’emergenza abitativa», a cui possono rivolgersi gli sfrattati per cercare tutele legali o supporti nella mediazione con i proprietari. Caso esemplare è il III municipio, giunta ulivista guidata da Orlando Corsetti, dove l’ufficio «istituzionale» e lo sportello «autogestito» hanno qualcosa in comune: a tenere le redini sono le stesse persone, i militanti di Action. Fra loro, un volto ormai noto, o meglio, un noto «senza-volto» perché in questa veste, con indosso un passamontagna, Paolo Di Vetta (questo il suo nome) ha scatenato il parapiglia negli studi di Alice, il talk show di Raidue condotto da Anna La Rosa al seguito di Simona Panzino (candidata no-global alle primarie dell’Unione).
Graduatorie, autocertificazioni, persino un «codice» di comportamento perché «per noi la regola è importantissima». Combattono il «sistema» ma del sistema hanno clonato la terminologia. Di Vetta racconta al Giornale la struttura organizzativa che c’è dietro le okkupazioni perché nulla è lasciato al caso. Le regole sono tre: «partecipazione, emergenza e territorialità». Si parte con l’«autocertificazione della condizione socioeconomica e abitativa», si compila la «graduatoria» in base al disagio, si screma via via la lista, si perfeziona, e quando il numero degli sfrattati sfiora i tre zeri si passa all’okkupazione. I senzatetto vengono resi edotti che la pratica in questione è illegale, con incontri periodici si familiarizza, ci si accerta delle condizioni reali di ciascuno per evitare che qualcuno faccia il furbo, dopodiché dalle graduatorie nascono i «comitati», in genere di un centinaio di persone.
«Quando la pressione arriva a determinati livelli», come «ultima spiaggia», si okkupa. Controlli? «Assolutamente sì, la regola è importantissima», spiega Di Vetta. «Le regole vanno salvaguardate nella comunità dell’occupazione». Il metodo è «il classico appello», chi è in lista va dentro, gli altri fuori: l’accesso è off limits per gli «infiltrati». Dopo le prime verifiche, il «comitato» si organizza per i controlli successivi. Ogni settimana, «al De Lollis, la nostra occupazione storica», si riunisce «il consiglio di Action», e in quella sede ogni «comitato» espone i problemi, dalle strategie di lotta ai cattivi odori. Un rituale collaudato e spesso vincente. Basti guardare ciò che è accaduto ieri. Altroché sfollagente e caschi antisommossa, quasi una medaglia ci voleva per quelli di Action che hanno abbandonato lo stabile «okkupato» 12 ore prima nel quartiere Colli Aniene. «Le famiglie che hanno occupato il palazzo di via Togliatti - recitava un comunicato dell’organizzazione - hanno deciso di sgomberare pacificamente l’immobile, per non subire altre violenze, dopo aver saputo che la Prefettura vuole mandare la polizia per farle sgomberare». Qualche ora dopo si svelava l’arcano. A motivo di tanta docilità, hanno spiegato gli okkupanti, l’«assicurazione da parte della proprietà che aderirà all’iniziativa del Comune». Action la dà come cosa fatta: «Ci vuole un’apposita richiesta del proprietario (la cosiddetta “manifestazione d’interesse”) per ottenere il cambio della destinazione d’uso degli appartamenti», poi «i vani del palazzo, finora destinati ad uffici, potranno essere registrati come abitazioni, in modo che il Comune possa acquistarli, con uno sconto sul prezzo di mercato pari alla differenza fra il prezzo degli uffici e quello delle abitazioni», e «destinarli a sfrattati e senza casa».
Per i comuni mortali la trafila per il cambio di destinazione d’uso non è così scontata. Ma i militanti di Action mostrano una certa sicumera. Un paio d’ore e l’assessore alle Politiche abitative, Claudio Minelli, rompe il silenzio: «Questa notizia (l’assenso alla compravendita, ndr) è un fatto positivo, intanto ci consente di poter acquisire un primo pacchetto di alloggi di cui c’è grande necessità. Speriamo che nei prossimi giorni il numero possa aumentare per arrivare all’obiettivo di 200-300 sistemazioni. Questo primo pacchetto di abitazioni, circa 80, è distribuito in diverse parti della città». A Veltroni, intanto, i no-global hanno spiegato «che siamo una ricchezza - racconta Di Vetta -.

Ci piacerebbe però che fosse proprio lui a bloccare gli sfratti, magari prendendosi una ramanzina del governo o della Corte Costituzionale. Troverebbe consensi in un arco molto vasto...».
(ha collaborato Rita Smordoni)

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