Alessia Marani
Adottata ad appena 11 mesi, scopre a 50 anni che la mamma naturale era tornata in istituto per riprenderla e oggi, finalmente, vuole conoscerla. Una storia da «libro cuore» ma come tante (sono almeno 600 le persone in Italia alla ricerca dei genitori mai incontrati), la cui protagonista, Eugenia Peloso, da alcuni giorni dal trevigiano, dove vive col marito e la figlia 23enne, è approdata nella Città Eterna, intenzionata a dare finalmente un «volto» alla donna che il 30 dicembre del 1956 la diede alla luce a Venezia.
Una grande passione per la scrittura, larte e lequitazione, Eugenia si dedica anche allaiuto di persone bisognose. «Poco tempo fa - racconta - mentre accudivo in ospedale unanziana signora, questa con mia grande sorpresa, mi dice di sapere chi è la mia mamma. Dice di ricordare che fosse di Roma. Una donna benestante di una famiglia facoltosa con origini titolate. In particolare, di un casato che diede i natali anche alla prima donna ambasciatrice in Francia. Sentire quelle parole - aggiunge - per me è stato un gran colpo. Finalmente, dopo cinquantanni, potevo cominciare a immaginare chi potesse essere la mia vera madre. Un desiderio che ho sentito molto forte, prorompente dentro di me, soprattutto da quando dieci anni fa sono venuti a mancare i miei genitori adottivi». Eugenia tempo fa partecipa a un dibattito su un tv locale sul problema delle adozioni. Una telespettatrice la contatta e le dà altre notizie. «Come se non bastasse - dice ancora Eugenia - vengo a sapere che la mia mamma era tornata allistituto La pietà dove mi aveva partorito per riprendermi con sé. A quel punto, nella mia immaginazione, sono cambiate tante cose. Ora non potevo neanche più giustificare il fatto che non lavessi mai conosciuta con lastio per essere stata, comunque, abbandonata». Dalla Pietà della città lagunare, la piccola Eugenia esce dopo soli undici mesi. «Mia mamma adottiva - spiega - attendeva da tempo che arrivasse un bebè da poter adottare. Sbrigate tutte le pratiche, mi ha portato nella sua casa. Quando la mia vera madre è tornata le suore le avrebbero detto di mettersi lanima in pace perché ormai ero con unaltra famiglia, felice, e in un luogo molto lontano in America».
In Italia cè una legge degli anni 30 che prevede che per nessun motivo istituti, ospedali o levatrici, debbano rivelare lidentità del genitore naturale se questo decide per laffidamento. «Una norma molto severa, troppo - afferma la stessa Eugenia -. In Inghilterra si può sapere, in Israele te lo dicono compiuti i 18 anni. Nessuno parla mai di noi figli adottivi. Dei nostri problemi sia psicologici che pratici. Quante volte, per esempio, i medici vorrebbero sapere il nostro quadro parentale per una diagnosi precisa e noi, invece, non possiamo fare nulla? E quanti di noi vivono unesistenza sdoppiata alla ricerca delle proprie origini, di sapere chi siamo realmente?».
Qualche giorno fa, Eugenia arriva a Roma. «Ho un cognome che potrebbe essere il suo - dice -. Effettivamente esiste solo nella Capitale, ma gli elenchi telefonici sono incompleti, non ho potuto rintracciarla. Dalle poche informazioni che ho raccolto in questi anni fra Treviso e Venezia, ho saputo che mia madre, molto giovane, era stata consigliata a trasferirsi nel Veneto per terminare la sua gravidanza nel segreto, lontana da qualsiasi possibile scandalo per lepoca. Che cosa vorrei ora? Semplicemente conoscerla, anche solo vederla per pochi minuti. Poter ritrovare nel suo viso, nel suo calore, una parte di me. Ormai lei dovrebbe avere più di 70 anni, io ne ho 50. Non vorrei che non potessimo avere più occasioni.
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