I lettori del ceto medio sono avvertiti: una delle poche cose chiare scritte nel Dpef è che il governo di sinistra-centro aumenterà loro le tasse per reperire risorse.
Nel Documento di programmazione economica c’è infatti scritto che verrà modificata la legge fiscale allo scopo di ripristinare la progressività ridotta dalle riforme approvate nella legislatura precedente. In parole povere, significa che verrà abolito il secondo modulo di detassazione attuato dal governo Berlusconi e che i redditi di medio livello e quelli più alti verranno colpiti. Il Dpef del governo Prodi, poi, annuncia l'aumento delle tasse sul risparmio perché, testuale, si impegna ad omogeneizzare «il sistema di tassazione dei redditi da capitale a un livello intermedio tra l'attuale tassazione degli interessi sui depositi bancari e quella delle altre attività finanziarie». Verrà inoltre reintrodotta la tassa di successione. Il testo dice che verranno salassati i «grandi patrimoni». Ma in un Paese ad alto, pur decrescente, risparmio e dove questo viene concentrato in beni immobili a livello di massa, è molto ampia la fascia di popolazione dotata di patrimonio classificabile come «grande». In sintesi, tutto il ceto medio verrà penalizzato. Possiamo parlare di stangata? A conti fatti, non ci sono dubbi. Il Dpef fa intendere che su 35 miliardi di manovra da varare in autunno «solo» 10 verranno reperiti con l'aumento di tassazione, il resto con tagli alla spesa. Ma viste le prese di posizione di settori della sinistra è ragionevole prevederne almeno 15 se non 20. Inoltre, il governo, dopo la manovrona da inserire nella finanziaria 2007, prevede di procedere con manovrine attorno allo 0,5% del Pil ogni anno, circa 8 miliardi, nel suo piano di riequilibrio della finanza pubblica. Che verranno pagati dal ceto medio con ulteriori tasse.
Questa manovra rivela una visione eticamente distorta e tecnicamente squilibrata - perché punisce l'attivismo economico - della relazione tra la «classe» sociale che crea ricchezza e lo Stato che la ridistribuisce. Così facendo si rompe l'equilibrio nel contratto fiscale della nazione.
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