La Cgil: bastonare Berlusconi si può

A Modena un volantino che invita allo sciopero è un nuovo inno alla violenza. In una vignetta un bambino indica il bastone e chiede al nonno: "Ti serve per camminare?". L'anziano risponde: "Cammino benissimo. Mi serve nel caso incontrassi il premier"

La Cgil: bastonare Berlusconi si può

«Rivoluzionari della terza età, unitevi!». Le tentazioni golpiste antiberlusconiane degli ultimi giorni portano tutte la firma dei «ragazzi terribili» degli anni Ven­ti e Trenta. All’anziano furore di Alberto Asor Rosa, Giorgio Bocca ed Eugenio Scalfari s’è unito an­che un battaglione di tutto rispet­to: la Spi-Cgil di Modena, ovvero la sezione pensionati del sindaca­to «rosso». A sollecitare i novelli descami­sados settantenni, ottantenni e novantenni un volanti­no pubblicato per sollecitare le adesioni allo sciopero gene­rale indetto dalla leader Su­sanna Camusso per il 6 mag­gio prossimo.

Oltre alle solite invettive antigovernative ma­scherate con cifre a caso per spiegare l’insoddisfazione di coloro che si sono ritirati dal­la vita attiva, compaiono pu­re due vignette. La seconda è emblematica. Il nipotino si ri­volge al nonno chiedendogli se il bastone gli serva per cam­minare. E l’anziano risponde tranchant : «Cammino benis­simo, mi serve nel caso incon­trassi il premier...». Seppur con l’arma dell’iro­nia, lo sdoganamento della violenza come unico mezzo per contrastare la maggioran­za e il suo espo­nente principa­le è compiuto in maniera qua­si totalizzante e ostensiva. È come se un limite fosse stato superato. Non a caso lo slo­gan della Spi è «Liberi, ribelli, resistenti».

Ecco, che la paro­la tabù ricompare: la «resi­stenza » e il movimento stesso del «resistere» a un potere op­pressivo e totalizzante. L’in­cubo fascista viene rievocato per incitare le masse alla ribel­lione. Modena è uno dei verti­ci del tristemente noto «trian­golo rosso», quelli dei massa­cri comunisti spacciati per «omicidi politici».L’Appenni­no emiliano fu anche il terre­no di­coltura per le Brigate ros­se che proprio da alcuni parti­giani ricevettero il testimone delle armi per proseguire la Resistenza, essendo quella originale «tradita» dalla man­cata trasformazione dell’Ita­lia in un satellite dell’Urss. La tragedia odierna, proprio perché ripetizione di un cli­ché più volte riproposto negli ultimi settant’anni, ha anche i contorni della farsa. Non sono le giovani leve a imbracciare le armi, ma arzilli novantenni a chiedere alle masse di sollevar­si. Lo ha fatto Alberto Asor Ro­sa sul manifesto invocando «una prova di forza che scen­da dall’alto» instaurando «un normale “stato d’emergen­za” ».

Lo ha ripetuto il novan­tenne Giorgio Bocca in un’in­tervista a Lettera43.it soste­nendo che «la politica ogni tan­to ha bisogno di gesti di forza» e «bisognerebbe fare una rivo­lu­zione che non abbiamo il co­raggio di fare». Una rivoluzio­ne necessaria perché Berlu­sconi è un «fetente». Le argomentazioni, ancor­ché capziose, sono scompar­se: resta solo l’odio, la follia giacobina, il desiderio di un terrore salvifico che restitui­sca un qualche sussulto agli anni nei quali le passioni si at­tenuano. E così i sermoni do­menicali di Eugenio Scalfari contro il Cavaliere assumo­no toni millenaristi e il mani­­festo , anziché recitare il mea culpa , continua a promuove­re dibattiti sul «Parlamento che non rappresenta la socie­tà italiana», sull’«abisso della post-democrazia» e sulla «re­sistenza civile».

L’assurdo italiano, tutta­via, è rappresentato dalla pubblica riprovazione nei confronti dei manifesti anti­magistratura di Roberto Las­sini, forti nei toni ma rappre­sentativi di un problema rea­le. Indignazione a cui fa da contraltare l’indifferenza ver­so chi insulta la maggioranza degli italiani che ha scelto Sil­vio Berlusconi nel 2008, nel 2009 e nel 2010.

Quell’indiffe­renza che consente a tanti an­ziani signori di sperare nel colpo di Stato che metta a ta­cere il popolo bue facendo spazio a quelle minoranze il­luminate che finora il Cav ha messo a tacere. Con i voti e non con la forza.

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