Politica

La Cgil cancella 200mila posti di lavoro

da Roma

Fino a ieri mattina ci hanno creduto un po’ tutti. La Cgil, si mormorava dalle parti della Cisl e della Uil, dopo avere firmato il contratto del pubblico impiego ha capito che sta rischiando l’isolamento e cerca di aprire qualche varco alla riforma dei contratti. Alla fine - dicevano gli stessi sindacalisti - vedrete che si siederà al tavolo con il governo e Confindustria. Ma l’illusione non è durata nemmeno lo spazio di una mattinata ed è sfumata definitivamente quando dai vertici di corso d’Italia è arrivata la sconfessione alle timide aperture fatte da Nicoletta Rocchi, un’esponente della segreteria che aveva detto di non volere una nuova rottura con gli altri sindacati e di puntare per questo ad affrontare da subito il dibattito sulla riforma dei contratti. Poi è uscito il Rapporto congiunturale Ires Cgil 2005 che ha messo definitivamente in chiaro come la pensa il sindacato di Guglielmo Epifani sullo stato dell’economia italiana e su chi siano i responsabili.
In sostanza, il Paese è tutto da ricostruire per colpa di quattro anni di politiche fallimentari. Tra i dati elaborati dall’Ires, quello sulla crescita che a fine anno dovrebbe essere «più vicina a meno uno per cento che allo zero». Controcorrente il calcolo sull’occupazione fatto dal centro studi della Cgil. Nel rapporto si dà risalto alla scontata perdita di posti nella grande industria. E si dimostra come, nonostante i dati dell’Istat e degli organismi internazionali dicano il contrario, la disoccupazione sia in aumento. Nel 2004 si sarebbero persi 37mila posti di lavoro e non guadagnati 164mila come dicono le statistiche ufficiali. Il dato è stato ricavato depurando le regolarizzazioni dall’andamento dell’occupazione. In altre parole la crescita dell’occupazione forse c’è stata, ma riflette un aumento particolarmente robusto della popolazione, determinato principalmente dall’incremento dei cittadini stranieri registrati all’anagrafe.
Insomma un rapporto da sindacato di opposizione senza se e senza ma. In linea con le dichiarazioni di Marigia Maulucci, segretaria confederale della Cgil, che - replicando alla collega Rocchi che vorrebbe finalmente dare il via al dibattito sui contratti - ha sostenuto che la riforma è in realtà un «cavallo di Troia per creare difficoltà all'interno del sindacato: ma non lo faremo entrare nelle nostre mura». E poi, ha aggiunto il segretario generale Gugliemo Epifani, la riforma dei contratti «non è una priorità». Come dire, forse va fatta, ma non con questo governo. Stanno solo prendendo tempo, sintetizza una fonte sindacale. In attesa delle prossime elezioni politiche e dell’eventuale vittoria del centrosinistra. E senza tenere conto del fatto che gli altri - Cisl, Uil e Confindustria - vorrebbero iniziare subito, come ha ripetuto anche ieri il segretario generale della Cgil Savino Pezzotta.
Un assaggio dei rapporti tra governo e sindacati e anche tra i sindacati, si avrà oggi all’incontro con il ministro del Welfare sulla riforma del Tfr.

Anche se i tempi del confronto potrebbero allungarsi.

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