Politica

La Cgil indica il nemico: è il riformista Ichino

Circolare interna: «Mette in discussione il ruolo del sindacato, bisogna reagire»

Paolo Bracalini

da Milano

Per ora l’avviso è solo una circolare dell’ufficio giuridico della Cgil, dove si indica il nemico senza mai farne direttamente il nome. Ma è un nuovo segnale dell’insofferenza del sindacato verso ogni proposta di riforma del mercato del lavoro. Ancora più inquietante perché il nemico in questo caso è un giuslavorista, Pietro Ichino, e perchè l’attacco ricorda molto da vicino quello che la Cgil di Sergio Cofferati scagliò contro Marco Biagi, l’autore del Libro bianco sul lavoro, vittima delle nuove Br, accusato a suo tempo di «collateralismo» con il governo e la Confindustria, dipinto dai sindacalisti - lamentava il professore bolognese- come «un lupo mascherato da agnello». Pietro Ichino è stato negli anni ’70 dirigente sindacale Fiom e parlamentare del Pci, ma è poi passato al riformismo di sinistra diventando anzi uno dei più autorevoli critici del sistema di privilegi del sindacato in Italia. Per questo il coordinatore dell’ufficio giuridico Cgil Giovanni Naccari ha deciso di «metterlo al bando», inviando ai suoi colleghi una circolare dove si invita genericamente a reagire a una «campagna di stampa che mette in profonda discussione il ruolo del sindacato generale». Poche righe dopo e il bersaglio del sindacalista si fa più nitido. «Si tratta di un vero e proprio attacco tanto più insidioso quanto più portato avanti con strumenti di larga diffusione come articoli scritti sulla prima pagina di quotidiani come il Corriere della Sera e come il libro pubblicato dalla Mondadori». Non ci vuole molto per riconoscere l’autore di A cosa serve il sindacato? (Mondadori). Lì Ichino, docente di diritto del lavoro all’università statale di Milano, mette in discussione l’utilità del vecchio sistema di relazioni sindacali nella nuova epoca della flessibilità, confrontando il modello italiano con quello, più agile, della Gran Bretagna.
L’accoglienza della Cgil per il libro di Ichino ricorda quella per il Libro Bianco di Biagi, definito allora da Cofferati «limaccioso», un pericolo per i lavoratori. Il segretario della Cgil a quell’epoca chiedeva alle tute blu di scendere in piazza contro la riforma del lavoro, additando implicitamente in Biagi il nemico. Molti sindacalisti videro così nell’ex compagno un traditore della classe operaia.
La messa al bando di Ichino stavolta sembra però aver trovato poche sponde anche a sinistra, nel forum organizzato dal Manifesto sul libro di Ichino, e ancora meno nella Labourlist, piazza virtuale sul web dei giuslavoristi italiani. Anche perché l’ultima volta che Ichino fu messo al bando, era appena dopo l’assassinio di Marco Biagi. Il suo nome fu trovato nella lista nera delle nuove Br. Ma già un’altra volta Ichino aveva testato di persona la resistenza conservativa della Cgil. Nell’aprile 2002, in piena campagna per il referendum sull’articolo 18, Ichino lanciò una proposta alle tre sigle sindacali, «per consentire al sindacato di non rimanere incastrato tra la riforma proposta dal governo e il referendum proposto dalla sinistra estrema». Incontrò i capi di Cgil, Cisl e Uil, che approvarono la sua idea della contrattazione individuale del reintegro. Tutto bene con Angeletti e Pezzotta: «Quindi vado da Sergio Cofferati, e alla fine la sua risposta è questa: “L’idea è buona, ma perché in questo momento dovremmo cavare le castagne dal fuoco al governo che con questa iniziativa si è cacciato in un vicolo cieco?”».

Alla Cgil gli elettori interessavano già molto più dei lavoratori.

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