Sono ancora lì. In tre, da oltre 20 giorni al gelo di dicembre in cima alla Torre Faro della stazione Centrale di Milano per difendere il posto di lavoro. Loro e di 149 colleghi. Ma quando finalmente un accordo lo garantisce, nonostante i tempi grami, la Cgil si mette di traverso e ordina di rimanere lassù. Anche a Capodanno. E oltre. Nemmeno la soddisfazione di una soluzione trovata il 30 dicembre al tavolo organizzato da Regione Lombardia dopo 13 ore di estenuanti trattative e in tempo per regalare ai lavoratori esasperati un cenone con le famiglie che non vedevano dall’8 dicembre, ha convinto i boss del sindacato rosso a rinunciare alla smania di protagonismo. Perché proprio la Cgil è l’unico sindacato che non abbia brindato. «Rifiutare l’accordo - attacca durissimo Claudio Negro, segretario generale Uil Lombardia -, sollecitare i lavoratori a proseguire nella lotta, significa soltanto scegliere di mantenere uno stato di tensione e allarme sociale destinato a dare visibilità politica alla Cgil». Accuse pesantissime che spaccano ancora il sindacato. «Alla Cgil lo diciamo chiaro - le parole del leader della Cisl lombarda Gigi Petteni -, non firmare questa intesa è un insulto alle migliaia di cassintegrati che in questo momento non hanno un nuovo posto di lavoro e che vorrebbero intese come questa».
Ricapitolando. Era il giorno dell’Immacolata quando Carmine, Giuseppe e Oliviero salirono i 30 metri della torre per protestare contro la decisone del Gruppo Fs di sopprimere i treni notturni a lunga percorrenza. Mettendo a rischio il posto di 152 lavoratori Wagon Lits che gestivano i servizi a bordo e le manutenzioni dei treni notturni a lunga percorrenza e dei vagoni letto. «Per noi - ha ripetuto ancora ieri Carmine al cellulare - salire quassù era l’ultima chance per cercare di salvare il nostro lavoro». Una protesta simbolica, pensavano in tanti, destinata a spegnersi rapidamente. Non facendo i conti con la tenacia di chi avrebbe passato giorni e notti col termometro a zero, fino a diventare un simbolo della lotta per il salario. Prima qualche attenzione, poi parole di solidarietà, la visita del segretario Cgil Susanna Camusso e il caso che diventa emblematico e convince Regione Lombardia, che per inciso non ha particolari competenze nella questione, a convocare le parti. Il 30 dicembre tutti, ma non la Cgil, firmano l’accordo per ricollocare i 152 esuberi. Tempo massimo 12 mesi, durante il quale avranno l’indennità di mobilità dal ministero o dalla Regione e corsi di riqualificazione. Soddisfatti gli assessori Raffaele Cattaneo e Gianni Rossoni. Così come i rappresentanti sindacali di Cisl, Uil, Ugl, il Gruppo Fs, Trenord e le aziende Wasteels e Angel Service. A sbattere la porta solo la Cgil. «Un accordo serio e concreto - spiega Cattaneo - che permette il riassorbimento di tutti i 152 lavoratori lombardi rimasti senza un impiego, alcuni dei quali con contratto a tempo indeterminato già a partire dal 31 gennaio 2012». Piuttosto «sorprende che la Cgil, dopo aver partecipato al tavolo fino alla fine, non poi abbia sottoscritto un accordo che nei fatti risolve il problema della disoccupazione di questi lavoratori. Probabilmente il loro non è stato un lavoro dettato dall’interesse di reimpiegare i lavoratori, ma da motivazioni di altra natura». Di «intesa pilota», parla Rossoni, con verifica trimestrale. «A tutti i lavoratori, nel periodo in cui non avranno lavoro, garantiremo l’80 per cento dello stipendio». Non basta. La Cgil ordina ai tre di rimanere lassù. «Noi pensiamo - assicura Nino Baseotto, segretario Cgil Lombardia - che si deve arrivare a discutere con governo e Fs di quale servizi ferroviari il Paese abbia bisogno. Pensiamo che non ci possano essere solo treni ad alta velocità, ma anche treni pendolari meno sporchi, affollati e più puntuali». E i lavoratori che dopo aver perso il lavoro l’hanno ritrovato? Rimangano pure al freddo sulla torre. La lotta di classe e le ragioni del sindacato prima di tutto.
Mentre la Uil contesta la Rai con una lettera aperta: «Purtroppo la testata regionale del Tg3 si presta a questa operazione di disinformazione, mettendo in onda servizi che enfatizzano la disperazione dei lavoratori licenziati, omettendo accuratamente di dire che per tutti loro, nessuno escluso, v’è la certezza di rioccupazione. Il nostro punto di vista è sparito per lasciar posto esclusivamente e acriticamente alle opinioni della Cgil, riducendo le notizie sulla vicenda ad un grosso spot di propaganda».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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