La Cgil scopre che le tasse sono aumentate

da Roma

Le prime buste paga dell’era Prodi non entusiasmano nemmeno la Cgil. Il sindacato più vicino al governo Prodi, l’organizzazione che al suo ultimo congresso aveva proposto al neonato esecutivo di centrosinistra un «patto fiscale», ha liquidato l’operazione di redistribuzione dei redditi realizzata con la Finanziaria 2007 con una valutazione che assomiglia molto a un’insufficienza.
L’analisi, diffusa ieri da Rassegna sindacale riporta dati molto simili a quelli di simulazioni condotte da altri sindacati, prima la Uilm, molto più critici nei confronti del governo. Si registrano leggeri miglioramenti per i redditi fino a 2.000 euro, mentre oltre le buste paga diventano più leggere. I miglioramenti, spiega inoltre Aldo Carra, autore dello studio, «sono più forti nella fascia da 1.500 a 2.500 euro, ma quasi irrilevanti in quella sotto i 1.500 euro». In sostanza sono stati penalizzati i redditi più bassi, sui quali aveva invece puntato il governo Berlusconi e sono stati premiati quelli medi, che sono poi quelli sui quali si concentra l’elettorato di sinistra.
Un po’ di redistribuzione c’è stata, ma soprattutto - riconosce la Cgil - «dai redditi medio alti a quelli medio bassi». Le misure della Finanziaria «non sono certamente clamorose». Al massimo - si legge nell’analisi firmata da Aldo Carra - «c’è il piccolo “segno politico” della redistribuzione, che avrebbe certo potuto essere più consistente se si fosse innalzata l’aliquota più alta». Confermato quello che i metalmeccanici della Uil hanno chiamato «l’effetto caffè». Cioè i vantaggi di entità minima. Sui 1.200 euro mensili «le famiglie di single, con coniuge e con coniuge e un figlio registrano un aumento pari rispettivamente a 8, 13, 18 euro al mese». E non basta. In questa fascia di retribuzione particolarmente critica (è ad esempio quella dei lavoratori atipici e più giovani) «a differenza che in quelle successive, non c’è stato un effetto di incremento man mano che aumenta il nucleo dei familiari a carico, c’è stato anzi un effetto opposto». In sostanza, a differenza di quanto sostenuto dal governo, le famiglie con redditi più bassi sono penalizzate anche nel caso in cui siano molto numerose. Va meglio ai redditi medi: con 1.500 mensili euro «risultano in tutti i casi aumenti che crescono dai 13 euro per i single fino ai 51 euro per quelle con coniuge e tre figli». Pochi cambiamenti per chi guadagna tra i 2.000 e i 2.500 a meno che non si tratti di famiglie numerose (con 2.500 euro di reddito netto mensile e tre figli a carico, si raggiunge un incremento di 102 euro). A partire dai 3.000 euro mensili di retribuzione, man mano che aumenta il nucleo familiare, le perdite che subisce il single tendono ad attenuarsi trasformandosi in alcuni casi in miglioramenti. Anche la manovra sugli assegni familiari ha premiato i redditi medi più di quelli bassi.
In sintesi: «Il passo fatto, con i tre interventi presi in considerazione, in termini di redistribuzione e di incremento retributivo c’è, ma è abbastanza piccolo». Un segnale minimo. Una redistribuzione puramente simbolica che, nella peggiore delle ipotesi, non cambia niente? Forse qualcosa di più grave.

L’analisi della Cgil non tiene conto della stangata in arrivo dal fisco di Regioni, province e comuni. Le addizionali locali all’Irpef, anche secondo Corso d’Italia, rischiano di vanificare il poco che c’è nella Finanziaria. E di trasformare i pochi segni più in segni meno.

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