Uno champagne da podio Il «Carbon» scende in pista

Il suo nome deriva dallo speciale rivestimento della bottiglia di vetro con la fibra di carbonio

Andrea Cuomo

Vino e Formula Uno sembrerebbero due cose destinate a non andare d'accordo. Chi beve non guida, chi guida non beve. E poi Bacco è un amante della lentezza, nei tempi di lavorazione e di degustazione, mentre i piloti del circuito più prestigioso dell'automobilismo sono gli eroi per antonomasia della velocità.

Eppure lo champagne Carbon ha legato il suo nome al grande circo delle monoposto, e non solo grazie alla passione del patròn della maison, Alexandre Mea, per la Formula Uno. C'è un destino comune più profondo che fa sì che il vincitore di un Gran premio imbracci e stappi una bottiglia di Carbon alla fine di ogni gara. E sta proprio in quella bottiglia: nera, lucida, innovativa, tecnologica. Una capsula spaziotemporale che rappresenta un punto di contatto tra il mondo tradizionale e un po' snob del vino e quello per tradizione un po' guascone della Formula Uno. Tutto nasce dal tessuto in fibra di carbonio - frutto di una ricerca durata quattro anni - che avvolge la bottiglia di vetro. I vantaggi sono numerosi: oltre a fare della bottiglia un oggetto molto più bello, il carbonio la rende più maneggevole, più antisdrucciolo, più resistente alle sollecitazioni meccaniche e a quelle termiche. Ciò che per un prodotto delicato come il vino non è affatto secondario.

Naturalmente nessun contenitore d'avanguardia avrebbe senso senza un contenuto di pregio. E anche qui Carbon si gioca alla grande le sue carte. La gamma vanta tre etichette ciascuna di altissimo profilo sensoriale. l'Ascension Brut è una cuveée classica (Chardonnay al 46 per cento, Pinot Noir al 24, Meunier al 30) di spiccata eleganza, con complesse nuance di frutta matura fresca, di spezie, di lievito, di burro fresco. Nervoso e sofisticato l'Ascension Blanc de Blancs, un cento per cento Chardonnay di piglio particolarmente «gastronomico» per il notevole talento nell'abbinamento al cibo. Ma anche da solo questo campione è da pole position per la cremosità della batteria di bollicine e per le note delicate di mallo di noci e frutta esotica. Infine l'Ascension Rosé, una cuvée di Chardonnay (46 per cento), Meunier (30) e Pinot Noir (24) dal colore salmone di altissima sartoria enologica, dalle bollicine perlate che decorano questo vino come una ricca parure di gioielli, dagli aromi di piccoli frutti rossi che si allungano in bocca a rendere l'assaggio di questo vino un'esperienza difficilmente dimenticabile.

Tre vini che costituiscono una tavolozza forse meno ricca rispetto a quella di altri produttori della Champagne che hanno costruito in secoli di lavoro una sorta di enciclopedia della seduzione in forma liquida, ma che stupiscono per complessità, nitore, freschezza, eleganza. Vini dalla personalità spiccata, pochissimo inclini a percorrere le strade più semplici per conquistare il gusto del pubblico, ma che si fanno inseguire proprio come se fossero la monoposto più veloce e guizzante.

Vista in questo modo Champagne e velocità non sembrano più così distanti.

Anzi, il laboratorio costante dell'innovazione e della tecnologia costituito dalla Formula Uno sembra quasi il luogo predestinato di Carbon e di Mea, erede di una famiglia di grandi proprietari terrieri di Champillon, produttori di vini fin dal 1920, ma che solo nel 2011 ha fondato Champagne Carbon con l'idea di distaccarsi dai percorsi tradizionali. Uno dei più celebrati sommelier del mondo, Jean-Luc Pouteau, sembra essersene accorto. Ora tocca al resto del mondo, non solo quello che segue i bolidi di Formula Uno.

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