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«La Champions senza Kakà diventa un’utopia Come fu senza Baresi...»

Nel suo infinito palmares, detiene persino il record del gol più veloce in una finale di Champions. Forse è meglio non ricordarglielo, ma una cosa è certa: dove c’è un record, c’è Paolo Maldini. Semplicemente inimitabile. Ieri - dopo 25 anni in rossonero, 901 presenze, 26 trofei - il suo ultimo saluto. Da calciatore, naturalmente.
ADDIO KAKÀ Giura di non averlo ancora sentito - «chissà in quanti gli avranno già telefonato, meglio aspettare qualche giorno», la sua battuta - ma su una cosa, Paolo Maldini è certo: «Vincere la Champions League senza Kakà è un’utopia». Come dire: la cessione del brasiliano ha lasciato una ferita nello spogliatoio difficilmente rimarginabile in tempi brevi. «È stato un brutto colpo per i miei compagni: guardare ai conti è una cosa logica, ma è anche logico fissare degli obiettivi raggiungibili e senza Ricardo la Champions non lo è», le parole - che poi sono dei macigni - dell’ormai ex capitano, prima di aggiungere quel ricordo legato all’arrivo di Zaccheroni, che riassume difficoltà già sperimentate e successive resurrezioni: «Già in passato ci sono stati dei periodi in cui l’obiettivo principale era di arrivare tra le prime quattro. Ad esempio, quando si è ritirato Franco Baresi, io mi sono sentito perso: vedevo tutto nero. Poi, però, il Milan è ripartito. Questa squadra è sempre andata avanti alla grande: capisco il momento, ma la società andrà avanti se sarà gestita come è stata gestita sinora».

IL FUTURO «Se fosse stato per i miei figli avrei dovuto continuare a giocare altri 5 o 6 anni», la parentesi famigliare di Maldini che spiega di non aver ancora deciso cosa fare «da grande». «Non ho ancora preso impegni con nessuno: ho ricevuto solo qualche proposta dagli sponsor, ancora niente dal Milan, ma ci sarà tempo. Non c’è stata scarsa riconoscenza, solamente non ne abbiamo ancora parlato. Eppoi non è detto che un grande calciatore diventi automaticamente un grande dirigente...». Nessuna tentazione iberica, anche dopo l’invito di Guardiola. «Il suo è stato un gesto spontaneo e bellissimo, ma non credo proprio che andrò al Barcellona», sintetizza Maldini ridendo.

LA CONTESTAZIONE L’attacco più vibrante è ancora per quei tifosi che l’hanno contestato durante Milan-Roma, la sua ultima apparizione a San Siro: «Già ai tempi del mio esordio - spiega Maldini - Baresi mi mise in guardia: che senso ha dover andare a cena con per ottenere uno striscione?». Quell’attacco gratuito della curva e il silenzio della società nei giorni seguenti hanno lasciato il segno, non c’è dubbio. «Quel che è successo allo stadio mi ha dato fastidio. Dal Milan invece, mi aspettavo qualcosa di diverso: Galliani nel suo comunicato l’ha presa come qualcosa di personale, ma la società non è identificabile in una sola persona. Solo le parole di Berlusconi mi hanno messo il cuore in pace, ha detto ciò che avrei voluto sentire subito dopo quella partita».

I RICORDI «Se ripenso alla mia carriera col Milan, non ho nessun rimpianto: anche le sconfitte fanno parte del gioco. E il Milan dopo ogni sconfitta si è sempre ripreso alla grande. Con un po’ più di fortuna in nazionale, invece, forse avrei vinto un Mondiale anch’io».

GLI EX COMPAGNI Perso Kakà ora il Milan trema per Pato e Pirlo. «Credo che la volontà di Pirlo - spiega Paolino - sia di restare: ci penserà 100 volte prima di lasciare il Milan. Pato invece ha solo 19 anni e ancora non si è reso conto di quanto è forte, può essere lui il giocatore del futuro del Milan». A chi andrà la fascia di capitano? «L’idea della squadra era di darla ad Ambrosini».



MALDINI SENZA CALCIO «Sono passati solamente dieci giorni - racconta - quindi ancora non so bene spiegare le sensazioni di questo periodo. Ancora non riesco a sentirmi un ex: forse quando la squadra partirà per il ritiro e io resterò in vacanza, me ne renderò conto bene». E sicuramente, anche il Milan farà altrettanto.

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