da Venezia
Dramma della gelosia: tutti i particolari in un film in concorso alla Mostra. Ma prima del film occorre la cronaca: oggi trentenne, Charlize Theron era adolescente quando la madre uccise il padre in sua presenza. Ora la Theron ha prodotto, recitandovi, The Burning Plain di Guillermo Arriaga (uscita italiana il 14 novembre). Letteralmente «La pianura in fiamme», ma «Il deserto in fiamme» sarebbe meglio, perché qui quasi tutto avviene: non in quello sudafricano del Kalahari, ma in quello americano del Nuovo Messico. Una ragazzina statunitense (Jennifer Lawrence) fa premeditatamente bruciare viva madre (Kim Basinger), sfuggita al cancro, e amante messicano (Joaquim de Almeida), mentre sono letteralmente uniti in una baracca. Poi è la giovane assassina, impunita, che s’unisce al figlio (J. D. Pardo) del defunto. Alla nascita di una bimba abbandona entrambi: aprirà un ristorante nell’Oregon e a quel punto il personaggio sarà interpretato dalla Theron. Dopo dieci anni, il fratello (José Maria Yazpik) del ragazzo si presenta, perché costui è precipitato con l’aereo... Cumuli di lutti e salti temporali, alla solita maniera dei film scritti da Arriaga, già sceneggiatore di 21 grammi e Babel di Inarritu; e de Le tre sepolture di Tommy Lee Jones, altri, temutissimi film da festival...
Signora Theron, qui non c’è condanna del suo personaggio. Mentre c’era per il suo personaggio di Monster...
«Mi piacciono questi personaggi con delle macchie. Il pubblico ci si riconosce perché hanno difetti: sono come siamo noi... ».
... Assassini?
«No, ma chiunque ha fatto qualcosa di male. Non penso che ci si debba riconoscere con tutto il personaggio: basta che accada anche per un attimo».
Arriaga è spagnolo, ma il film è americano. E forse agli americani non andrà una matricida per eroina.
«Il processo al mio personaggio non finisce col film. Non gli applico i concetti di giusto o sbagliato, ma solo la sensazione di giusto o sbagliato».
«Sensazione» di sbagliato un matricidio? E se fosse un patricidio?
«Intendo dire che il film potrebbe esistere anche senza il duplice delitto. E che, oltre al bianco e al nero, c’è il grigio».
Vero. Ma grigia sarà una lite, non un rogo!
«La legge non è tutto. C’è anche il perdono».
La Basinger è brava nel ruolo di sua madre, ma brucia senza che vi si veda insieme in una sola scena.
«Kim è stata straordinaria: ha più forza adesso, che è matura, di quando aveva vent’anni».
Infatti cominciò a recitare a 30. Prima faceva la modella, come avrebbe poi fatto lei, che però ora si deturpa spesso.
«Dipende dai personaggi. L’ho fatto in Monster. Non l’ho fatto in Burning Plain, dove ho una lunga scena iniziale di nudo».
Produttrice ancora, dopo Monster. Secondo film, seconda carriera?
«Mi piace questo nuovo lavoro perché è creativo come recitare. Altrimenti non lo farei».
Senza produttore niente film. Ma niente produttore senza soldi.
«La parte economica c’è, ovviamente. Monster lo girammo ancor più in economia di questo».
E si diverte coi conti?
«M’interessa anche vedere come sopravvive l’industria del cinema».
Sopravvive da oltre un secolo.
«Credo che ciò avvenga anche grazie a persone come quelle con le quali lavoro».
Ma restiamo ai conti con se stessa.
«In effetti come produttrice ho dovuto trattare con me stessa il compenso come attrice».
Ardua lotta?
«No.
... Né?
«Per diventare ricchi».
Lei vive da oltre un decennio a Hollywood e lavora per l’arte?
«No. Voglio dire che, quando produco un film, lo scopo è fare un film».
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