«Che bello fare l’infame a teatro»

RomaAvviso ai naviganti in rete: a Ornella Muti frega meno di zero dei commenti («saranno donne invidiose»), che girano in Internet sul suo nuovo sembiante. Se apparendo bionda, magra e giovane nel salotto tv della Toffanin, lei, classe ’55, fa rimpiangere a gente sconosciuta la Muti vecchia maniera (cioè quella castana e appesantita), andassero tutti in videoteca. «Ognuno fa quello che je pare. Non devo soddisfare chiunque e chicchessia. E, poi, una domanda: prima, tu, ce l’avevi il computer? E ci vai in calesse, a Milano, o prendi l’aereo?», provoca la bella attrice, rivolgendosi all’internauta passatista. La vita cambia, cambiano le cose e Francesca Rivelli, un partner più giovane di dieci anni (Fabrice Kerhervé, manager della cosmesi), ha un Avatar senza età, gli occhi verdi magnetici di sempre, che il 30 manda al Teatro Traiano di Civitavecchia (poi al Valle di Roma, alla Pergola di Firenze, al Bellini di Napoli) per un debutto il cui tempismo sorprende. Il Papa va in Sinagoga, dividendo la comunità ebraica, che non digerisce la beatificazione di Pio XII, controversa per gli ebrei? Lei, icona femminile positiva, nota ai giovani e ai vecchi, porta in tour Immacolata, protagonista de L’ebreo, commedia drammatica di Gianni Clementi (premio ETI) su una brutta pagina poco nota della storia recente (regia di Enrico Maria Lamanna, con Pino Quartullo ed Emilio Bonucci). «Immacolata non è immacolata per niente», spiega l’interprete. Da lei, serva poi padrona abusiva d’una casa nel Ghetto di Roma, lesta ad approfittare delle leggi fasciste sulla discriminazione razziale, un vecchio busserà invano alla porta, che prima apriva da proprietario, sarà ucciso e nascosto in un tappeto.
Ornella Muti, debutta a teatro e con un personaggio non simpatico. Che cosa l’ha convinta a calcare le scene?
«Ho rimandato più volte il mio debutto teatrale. Sono molto istintiva e, prima, qualcosa non s’incastrava nel modo giusto, mancava l’alchimia. Poi ho incontrato Enrico (il regista, ndr) e la sua allegria m’ha stuzzicato. Non aveva nessuna masturbazione mentale. Ci mancherebbe altro! Alla mia età non cerco tormenti: solo cammini luminosi».
Questa Immacolata, però, una macchia tormentosa ce l’ha...
«Quando ho letto il copione, ho detto: “Fermi tutti! Ma che siete impazziti?”. Poi ho cercato il presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, che ringrazio. Volevo capire quella materia delicata. Con Immacolata darò voce a quello che è accaduto. Negli anni Quaranta, a Roma, fattorini, sguatteri e commessi si videro intestare i beni dai loro padroni, deportati perché ebrei. La maggioranza non è tornata. Ma chi tornava, era spossessato. Nel Ghetto ho saputo che sono in tanti a cambiare strada, se devono passare davanti a un negozio, o a una casa, che un tempo apparteneva alla loro famiglia».
Rispetto al cinema, che cos’ha di diverso il teatro?
«Il cinema ti nasconde, il teatro ti mostra. È bellissimo, ma difficile. Di notte, mi sveglio col panico: non so quello che mi aspetta. E mentre al cinema puoi ripetere le scene, in teatro devi saperti gestire, devi esserci con il petto. Ti devi dare. Il mio personaggio di burina ripulita gioca sugli eccessi: pettinata alla Grace Kelly, se ha un vestito che sopporta una rosa appena, lei ne mette dieci».
Le donne non sono scatolette di tonno, con su la data di scadenza. Ma quali tecniche adotta, per mantenersi così in forma?
«Ho semplicemente deciso di cambiare. Ho perso molti chili, con una dieta studiata, e faccio ginnastica. Prima mangiavo macrobiotico, ma ho dovuto smettere: mi sentivo emarginata. Già non riuscivo più a vedere un amico. Se, poi, quando esci a cena, fai pure storie... Con la dieta vegetariana mangi un sacco di carboidrati: mica puoi mangiare tutti i giorni una melanzana! Sono italiana e adoro mangiare le cose, che il nostro Paese dona con generosità. E ho un arsenale di creme, che sembro una malata terminale».
E i capelli biondo-platino? Quando le donne cambiano colore ai capelli, è svolta esistenziale...
«È triste per noi donne pensare che il colore dei capelli sia così decisivo... Da sempre coltivavo il desiderio di essere bionda. Lo sognavo, come tutte. E tutti a dirmi no, che sei matta? Poi, ho scoperto che il mio compagno amava le bionde».


Suo figlio, Andrea Fachinetti, debutta nel film di Veronesi Genitori e figli. Istruzioni per l’uso. Gli ha dato consigli?
«L’ho aiutato a preparare il provino. Ma, dentro di sé ha un bel seme: è molto ricettivo».

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