Il mondo europeo e americano, dopo essersi dichiarato a iosa colpevole di non aver capito nulla, di non aver saputo prevedere le rivoluzioni arabe, adesso cerca una pericolosa scorciatoia: individuare nei Fratelli Musulmani, i grandi vincitori dello scuotimento, un interlocutore plausibile, aperto, perfino moderato. Basta frequentare le riunioni (recentemente per esempio quella delle commissioni estere convocata dall’UE) in cui si discutono i futuri rapporti con i nuovi poteri, per capire che il maggiore desiderio dei funzionari e dei politici addetti è avviare subito il previsto nuovo «piano Marshall» che dovrebbe aiutare lo sviluppo della democrazia.
Non importa se dopo la mancata «primavera araba» aiuteremo la «primavera islamista». La conseguenza, ci raccontiamo, buoni rapporti con un interesse pratico nel petrolio, e un interesse morale di lunga durata. Ma si tratta di una pura illusione: i Fratelli Musulmani non si cambiano, non si comprano, non si dividono. E sono una forza abituata da una lunga tradizione a fare prudenti, cautissimi conti con amicizie e inimicizie alterne, ma alla fine sempre con l’occhio al califfato mondiale. È dal 1938 che lo ripetono col loro fondatore Hassan Al banna: «Allah è il nostro obiettivo, il Profeta il nostro leader, il Corano la nostra legge, la Jihad la nostra strada, morire sulla strada di Allah la nostra più grande speranza».
Molte fatwe nel tempo, mentre la Fratellanza se la vedeva con dittatori che ora volevano usarli, ora li mettevano in prigione e li uccidevano, lo hanno confermato. Yussef Al Qaradawi, lo stesso clerico che ha cacciato i bloggers da piazza Tahrir, disse durante la guerra in Iraq che per i musulmani era un obbligo morale uccidere i cittadini americani. Hamas ha appena riaffermato la necessità religiosa di uccidere gli ebrei e combattere l’Occidente cristiano, e le promesse di stragi trovano conferma nell’appartenenza e varie branche della Fratellanza (come Al Qaeda) dei maggiori terroristi: Bin Laden,Ayman al Zawahiri, Khalid Sheich Muhammed, Anwar al Awlaki, lo sceicco Yassin, vengono tutti di là.
Ma che fare dunque, si chiede l’Europa? Essi sono comunque ovunque, con sfumature nazionali diverse, i grandi vincitori della rivoluzione. Un’Internazionale grandiosa sostituirà il panarabismo dal Marocco al Golfo. La loro vittoria in Egitto, Fratelli e Salafiti al 75 per cento del parlamento, in Tunisia (con Ennahda, certo dal volto più umano, ma dal carattere integralista evidente), in Libia dove Al Qaeda è in agguato come anche in Yemen, pronti alla lotta in Giordania, ingaggiati in una disperata battaglia (insieme ad altre forze) contro il dittatore Assad in Siria, sapientemente ingaggiati in una larga diplomazia da parte della Turchia, essi hanno al momento senz’altro superato largamente l’asse sciita, costituita dall’Iran, la Siria, il Libano degli hezbollah. L’Arabia saudita naturalmente gioisce.
Intanto Hamas, mentre cambia casa lasciando Damasco, segnala che il fronte sunnita della Fratellanza è quello prescelto. Anche il suo incontro, proprio oggi, con Fatah si svolge, inedito, in Qatar. La nuova Fratellanza vincente cerca di mostrare, mentre si aspetta l’aiuto attivo dell’Occidente, un volto urbano, appunto «moderato», l’aggettivo favorito delle diplomazie europee, clintoniane e dell’Onu. I sensi di colpa, molto ben basati, per avere per decenni sostenuto dittatori che hanno schiacciato i popoli musulmani, ci portano oggi verso il sostegno di una forza che farà indossare il velo alle donne, opprimerà le differenze sessuali e politiche, aggredirà la pace con Israele. Dice una mia amica araba: «Voi ci abbandonate nelle mani della Fratellanza Musulmana come ci metteste nelle mani dei dittatori».
Insomma, se da una parte,
imbelli e confusi, non riusciamo a salvare la vita alla migliaia di vittime di Assad e neppure a produrre una risoluzione decente del Consiglio di Sicurezza, prepariamo, dall’altra, una nuova trappola per i popoli arabi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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