Chi cancella il passato teme il futuro
16 Aprile 2007 - 03:04Anche il tesoretto è andato, Prodi lo sta facendo a pezzetti per ridurlo a panem et circenses. Quanto al debito pubblico, al quale Padoa-Schioppa pareva voler destinare le maggiori entrate fiscali, che vada al diavolo. Tanto, dice Prodi, ci vorranno almeno tre lustri per coprirlo, ora quel che conta è sopravvivere e fare un po di elemosina può servire alle elezioni prossime e a quelle future.
Visto che il presente è così disperante, proviamo a ragionare sul futuro. Resterà tutto come adesso? La grande speranza è che tutto cambi, altrimenti poveri noi. Ha ragione lamico liberale Ostellino, che sul Corriere scrive «in che mani siamo!».
E però una previsione ci viene di farla: gli attuali equilibri politici non reggeranno, se non altro perché sono troppo squilibrati. Ce nè sentore nellaria, lo si avverte dalla stanchezza della gente, che non ne può più. Già, ma come cambieranno le cose? Di certo per ora cè che sia a destra che a sinistra si è alla disperata ricerca di qualcosa di nuovo.
Guardiamo a sinistra, dove la confusione non manca, anzi ce nè molta. A muoversi con unidea precisa in testa è Fassino, che punta al Partito democratico perché vuole a tutti i costi uscire dal pantano della vecchia sinistra. Vi sta giocando il suo destino politico, razionalmente convinto evidentemente che altra strada non cè per una parte politica che deve archiviare definitivamente un passato imbarazzante. Viene di guardarlo con rispetto per questa sua ostinazione, nonostante le vivaci opposizioni interne e le previsioni che la nuovo partito attribuiscono solo il 23 per cento. Generosa lidea di un Pantheon con un posto donore per Craxi, il nemico mandato a morire in esilio in Africa, il che però fa drizzare i capelli sia al nostalgico Mussi che a Di Pietro-Javert.
A creare altra confusione ora ci si mette, oltre Mussi, anche il «liberalizzatore» Bersani: «Né Craxi, né Berlinguer», dice. Perché questo parallelismo negativo? Voglia di leadership? Ma, attenzione, sulla strada cè DAlema, che prima del traguardo qualche scatto non lo farà mancare.
Alla ricerca di futuro sono pure i socialisti, quelli storici, chiamiamoli così: Boselli, De Michelis, e anche il piccolo Craxi, che fa di tutto per emulare il padre. Il Partito democratico di Fassino, di Rutelli e di frange cattoliche della Margherita non li convince, il che crea problemi su chi, come Fassino, vorrebbe giocare proprio la carta socialista nella costruzione del nuovo soggetto politico. Problemi ne vengono anche da taluni petali cattolici allombra dellUlivo, che paventano di cadere nella trappola laicista. Chi se ne sta circospetto e callido è Bertinotti, che dalla nascita del Partito democratico conta di avere in eredità quel che rimane della vecchia sinistra massimalista.
Complicazioni ne sta creando la ricerca di una nuova legge elettorale, che è diventata quasi un vaso di Pandora, da cui rischiano di uscire tutte le velleità dei partiti, quelli grandi e quelli piccoli, che mescolano ambizioni e meschinità. Chissà quali guai potrebbero venirne. Ne è segno quel che dice e minaccia Mastella, che un suo spessore se lè conquistato.
E a destra? Dopo i timori per la diaspora di Casini, al congresso dellUdc le cose sembrano essersi messe per il meglio, dove sono balenate speranze di ritrovata unità del centrodestra. Lovazione a Berlusconi è di sicuro la spia delle preoccupazioni diffuse nella base, il che ha ammorbidito i toni del vertice Casini-Cesa e persino delloppositore Giovanardi.
Rimane, sia a destra che a sinistra, lincognita del futuro più lontano, quello in cui potrebbero realizzarsi i nuovi equilibri politici. A differenza della Francia, dove il nuovo è già in fattura con leader giovani (Ségolène Royal, Sarkozy, Bayrou) e i vecchi fanno buon viso, più o meno forzatamente, alla pensione, in Italia la vecchia nomenklatura di andare in pensione non pensa affatto. Il peggio è che i giovani, i presunti nuovi, quelli che smaniano di salire finalmente sulla scena, non tutti talentuosi in verità e molto assetati di potere, sono in feroce lotta tra di loro. Il rischio è che la loro competizione si trasformi in mucchio selvaggio.
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