Chi cura peggio? La verità sugli ospedali

RomaQual è l’ospedale più attrezzato per farsi operare al femore? E a quale struttura è meglio rivolgersi per un parto sicuro? E soprattutto quale invece è assolutamente meglio evitare? Fino a ora il paziente poteva basarsi soltanto sui consigli di amici e parenti o di un medico di fiducia. Tra qualche mese, assicurano dal ministero della Salute, saranno messe direttamente a disposizione dei cittadini tutte le informazioni cruciali sulle 1.475 strutture ospedaliere italiane: dati sull’appropriatezza delle cure e dei ricoveri e anche sull’esito delle cure, tasso di mortalità e di guarigioni. Insomma scegliere una struttura invece di un’altra non sarà più un atto di fede ma una scelta consapevole come avviene in altri paesi europei che da tempo hanno messo a disposizione dei pazienti la carta d’identità dei loro ospedali.
Nel frattempo il ministero della Salute per volontà del suo titolare, Renato Balduzzi, ha compiuto un primo passo verso questa massiccia operazione trasparenza che coinvolge il servizio sanitario pubblico aprendo ai media la consultazione di questi dati.
Da tre anni l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) raccoglie le schede di dimissione ospedaliera, rielabora i dati mettendoli poi a disposizione delle Regioni e delle istituzioni del settore in modo che siano per primi gli operatori stessi ad usarli per intervenire sulle eventuali mancanze, potenziando i servizi più deboli. E’ questo infatti il primo scopo del Programma nazionale di valutazione esiti dell’Agenas: mettere sotto gli occhi dei diretti responsabili l’evidenza di disfunzioni e carenze. L’obiettivo non è quello di stilare classifiche o dare pagelle alle diverse strutture anche se poi sarà inevitabile giudicare male ad esempio un ospedale che registra un tasso di mortalità molto superiore alla media per un tipo di intervento. Alcune regioni sono già intervenute sulle base dei dati forniti dall’Agenas. La Toscana ad esempio ha modulato il pagamento delle indennità di risultato dei direttori generali delle aziende sanitarie verificando il raggiungimento di certi parametri anche nel confronto con i risultati raggiunti nelle varie strutture.
Che cosa è già emerso dalla lettura dei dati? Prima di tutto purtroppo ancora volta un’Italia a due velocità: al nord in generale la sanità funziona, al sud invece ci sono veri e propri buchi neri a cominciare addirittura dalla qualità dei dati trasmessi. La «scoperta» più utile è sicuramente quella sulla manipolazione dei dati. Nel corso di questi anni è emerso con chiarezza che alcuni ospedali manipolano i dati sul ricovero a scopi opportunistici. Il caso più eclatante è quello sui parti cesarei in Campania. Analizzando i dati sugli interventi cesarei risultava che la percentuale dei parti a rischio, quindi tali da giustificare l’intervento, in quella regione era praticamente pari al cento per cento. Ecco perché poi il ministro Balduzzi ha deciso di intervenire in modo drastico mandando i Nas in sala parto a verificare l’appropriatezza delle scelte mediche.
Altro elemento significativo è quello che riguarda i ricoveri impropri. Possibile che ci siano strutture che fanno ricoverare pazienti per semplice ipertensione? A Foggia risulta una percentuale di ricoveri per questa patologia di 3.6 per mille contro lo 0.1 di Padova. A Palermo invece si ricoverano con facilità i bambini affetti da asma 2.98 per mille contro ad esempio lo 0.2 di Vicenza. Per non parlare dei ricoveri dei bimbi più piccoli per un po’ di diarrea: 0.3 a Venezia, Pistoia, Firenze contro il 7.38 a Palermo il 7.42 per mille a Bari.

Tutta colpa di ostriche e cozze?
Altro dato significativo quello sulla tempestività dell’intervento in caso di frattura al femore che andrebbe eseguito entro le 48 ore dal ricovero: purtroppo soltanto in un caso su tre si rispetta questo limite.

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