«Chi grida allo scandalo prima cavalcava la tigre»

da Roma

«Niente di nuovo» nel no della Fiom all’accordo sul welfare. A sorprendere il segretario generale della Uilm Antonino Regazzi, è semmai, la sorpresa di chi oggi grida allo scandalo mentre quattro anni fa, appoggiava una Fiom che era «molto peggio di ora» e considerava le altre sigle dei metalmeccanici alla stregua di sindacati gialli perché non si opponevano abbastanza al governo allora in carica. E perché firmavano i contratti che il sindacato di Gianni Rinaldini rifiutavano regolarmente. Il segretario dei metalmeccanici Uil esce dal coro per spiegare che la linea antagonista della Fiom non è una cosa nuova. Ha origine nella Cgil di metà anni Novanta. Quella che la sinistra ha coccolato per tanto tempo, convinta di poter cavalcare una tigre che ora, invece, minaccia di sbranarla.
Sembra quasi che lei voglia difendere la Fiom dopo anni di confronto durissimo e di intese separate sui contratti. Possibile?
«Io dico che questo è il naturale sbocco di una situazione vecchia dieci anni. Chi si sorprende è in malafede. Per anni hanno cavalcato una tigre e ora che cercano di scendere rischiano di essere sbranati. Il polverone sollevato da Sergio Cofferati quando era segretario generale della Cgil è stata la premessa naturale della politica della Fiom di oggi. Anzi, ultimamente hanno avuto qualche ripiegamento positivo, ad esempio sui contratti, e non hanno avuto problemi a fare una piattaforma comune».
Il sindacato di Gianni Rinaldini è diventato più moderato?
«Quando noi abbiamo criticato la finanziaria, perché abbiamo dimostrato che non dava niente a nessuno e che prendeva soldi anche dai più deboli, loro erano quasi in difficoltà. Non dico soffrissero di sindrome da governo amico, ma quasi».
E ora le cose sono cambiate? La Fiom ha detto no a un protocollo che è il principale frutto della concertazione e sta facendo tornare in bilico l'esecutivo Prodi...
«Con il tempo si sono distaccati. C’è un problema politico con i partiti di riferimento a partire dal Prc. Si stanno facendo male l’un l’altro, ma questo è un altro discorso».
Perché il divorzio della Fiom ha avuto tanto risalto visto che in fondo non è cambiato niente rispetto ai «no» degli anni Novanta?
«Ecco, mi viene da pensare a cosa scrivevano tra il 2001 e il 2003».
Quando c’era il governo Berlusconi che siglò il Patto per l’Italia con Cisl e Uil; gli anni dei contratti dei meccanici senza la firma della Fiom?
«Sì. Allora nei giornali c’era solo la Fiom; e noi, Uilm e Fim, poco ci mancava che ci tacciassero di essere sindacati gialli. E parliamo di una Fiom che era molto peggio rispetto a quella di oggi.

Un sindacato tutto politico, che aveva intruppato di tutto al suo interno; dai centri sociali, ai no global fino ai girotondini. Mi chiedo perché i moderati di oggi sostenessero quella Fiom».
Lei un’idea ce l’ha?
«Hanno capito che da questa tigre prima o poi dovranno scendere. Io penso che dovranno farlo un po’ alla volta».

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