Se la questione fiscale fosse un problema lessicale, ci sarebbe da tirare le orecchie non solo a Umberto Bossi per la sua «sparata» sulle tasse, ma pure a Tommaso Padoa-Schioppa. Quando il ministro dell’Economia parla di «tregua fiscale» infatti dobbiamo dedurre che prima vi sia stata una guerra. Chi l’ha vinta e chi l’ha persa? A giudicare dalle parole di Padoa-Schioppa, un perdente possiamo individuarlo subito: il contribuente onesto che - parole del ministro - sopporta «un carico fiscale eccessivo». A questo punto, qualcuno potrebbe pensare che il vincitore sia il governo, ma non ci pare così. È lo stesso Tps a confermarcelo quando dice che la luna di miele tra il governo e il Paese è da tempo finita. Ci permettiamo di puntualizzare che non è mai cominciata, e proprio a causa della questione fiscale. Se tra i vincitori dunque non c’è il governo, per esclusione dobbiamo pensare che a vincere la partita sia l’evasore, che dall’inasprimento fiscale ha tratto un vantaggio proporzionale all’aumento delle tasse: se prima evadeva 2 oggi continua ad evadere 4. Chi lavora in nero, con la politica fiscale di Visco non ha alcun interesse ad emergere. Resta nel buio e fa i suoi traffici. Chi riesce a sottrarre quote di reddito al fisco, lo fa ben volentieri, anche se in non pochi casi è questione di sopravvivenza.
Il mantra di Visco e Padoa-Schioppa è «prima scoviamo gli evasori e poi abbassiamo le tasse». Il risultato è che non trovando gli evasori, si torchiano i soliti noti. È possibile che soltanto lo 0,7 per cento dei contribuenti dichiari un reddito superiore ai 100mila euro all’anno?
La praticaccia politico-fiscale imporrebbe ai nostri governanti di invertire il mantra: prima si riducono le tasse e dopo si scovano gli evasori che, a quel punto, forse avranno un po’ meno interesse a nascondersi. È un ragionamento talmente semplice da risultare incomprensibile ai due eminenti scienziati delle finanze. E non parliamo di casi sporadici, perché questo meccanismo è stato applicato in tutto il mondo, per ultimo dal presidente francese Nicolas Sarkozy.
Il secondo mantra sul fisco è «non più condoni». Peccato che proprio i vituperati condoni abbiano fatto emergere imprese che altrimenti sarebbero rimaste nell’oscurità. Una volta al sole, hanno cominciato a pagare e ora non possono più tirarsi indietro.
Abbiamo capito dunque che il nocciolo della questione è il seguente: chi paga, paga troppo. Perfino Tps è d’accordo. I malumori fiscali nascono da qui e Bossi su questo punto ha sempre avuto fiuto: quando propone lo sciopero del Lotto e urla «non gioco più», va preso sul serio. Perché forse gli italiani continueranno ad andare in ricevitoria a giocarsi i numeri apparsi in sogno, ma è altrettanto probabile che al prossimo giro elettorale non vorranno ritrovarsi l’incubo di un governo che sa soltanto mettere le mani nelle tasche degli italiani.
Commenti
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.