Cultura e Spettacoli

Chi ve la porterà una tanica di benzina?

Ma ce ne fosse uno che parla di istruzione, ricerca, università, formazione, borse di studio. Vabbè che in campagna elettorale sono parolacce da non usare. Vietato parlare di cultura. Vi immaginate uno che si presenta con lo slogan: «Più libri per tutti». O un altro che dicesse: «Rialzati scuola italiana». Come minimo lo mettono al manicomio.
Si promettono salari minimi, aumento delle pensioni, cordate nazionali, meno tasse, più servizi, bonus bebè. Si litiga su tutto: dall’aborto alla fecondazione assistita, dal diritto a nascere e quello di morire, dall’energia atomica al traffico. Tutte cose importantissime, per carità. Ma nessuno che metta in cima ai propri programmi l’istruzione. Non al primo posto, ma almeno subito dopo l’occupazione, il caro vita e la salute.
Diciamolo senza paura: siamo un paese allo sbando culturale. L’ignoranza è galoppante. Prima eravamo un paese di analfabeti di ritorno, ora lo siamo pure all’andata. Le colf filippine rimandano i figli a studiare al loro paese perché la nostra istruzione è peggio di quella impartita nelle loro scuole. Almeno là imparano l’inglese. Qui neppure quello. Potremmo iniziare il solito ritornello: le nostre università non sono più competitive, i nostri laureati si laureano troppo tardi rispetto ai colleghi stranieri, i nostri master danno punteggi inferiori a livello internazionale, i ricercatori migliori sono costretti a emigrare, le grandi multinazionali non vengono neppure più a fare scouting nei nostri atenei... Sono cose che abbiamo già sentito troppe volte. È come dire che l’Alitalia è alla frutta. Mi annoio io che lo sto scrivendo, mi immagino chi le legge. Quindi fermiamoci qui.
Però di una cosa potete star certi: chiunque vinca le elezioni, tra i primi provvedimenti che il nuovo governo adotterà ci sarà il taglio dei fondi per la ricerca, la cultura, l’istruzione. È come un automobilista che si accorga di essere in riserva e invece di cercare il distributore più vicino, spegnesse il motore e si mettesse ad aspettare. Sperando che arrivi qualcuno a portargli una tanica. Bussategli al finestrino e avvisatelo: il miracolo italiano c’è già stato. Cinquant’anni fa.
caterina.

soffici@ilgiornale.it

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