nostro inviato a Venezia
«Noi guardiamo con grande attenzione a chi vuole investire nella nostra società e chi lo farà troverà unazienda solida». Laffermazione è dellamministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, ieri al convegno Etno, che riunisce 43 tra i principali operatori di tlc che si è svolto a Venezia. In realtà liniziativa era centrata sui temi della nuova rete a banda larga, ma non sono mancate le domande finanziarie che riguardavano il possibile investimento da parte di un fondo libico in Telecom Italia. E dello stesso tenore è stato anche il commento sulla vicenda dellamministratore delegato di Telefonica, Julio Linares. «Chi investe è benvenuto, ma bisognerà stabilire regole certe per la governance della società». Linares ha anche specificato che Telefonica è fiduciosa nelle prospettive e nelle future performance di Telecom Italia e di non prevedere una svalutazione della propria partecipazione in Telco.
Quanto al convegno, i principali operatori di tlc europei hanno sottolineato che in Europa si spenderanno nei prossimi anni 300 miliardi per le reti a banda larghissima di nuova generazione. «Data lentità dellinvestimento - ha detto il presidente di Telecom Italia, Gabriele Galateri - è ovvio che i governi e le Authority europei debbano avviare politiche che consentano un quadro regolatore stabile e ritorni adeguati». Dal dibattito appare dunque chiaro che i principali operatori sono pronti a investire nella nuova rete a banda larghissima, ma a patto che le condizioni siano chiare. «Con la crisi economica in atto - ha specificato Galateri - un investimento tanto importante nelle tlc potrà anche favorire una ripresa economica». Insomma, le premesse per partire ci sono, anche se in Italia non sarà certamente facile trovare unintesa tra tutti i player e lAuthority. E non sarà neppure semplice rendere remunerativo un investimento che varia tra 10 e 15 miliardi. Proprio per questo motivo il governo, ha spiegato il sottosegretario alle Tlc, Paolo Romani, «ha messo in campo una task force presieduta da Francesco Caio, ex ad di Cable&Wireless, che in tre mesi preparerà un progetto per cercare di mettere daccordo tutti i soggetti coinvolti». Lo stesso Romani ammette anche «che un eccesso di regolamentazione può essere penalizzante per gli investimenti in nuove reti che hanno bisogno di ritorni in tempi rapidi». Su questo fronte Bernabè ha le idee chiare: «Le risorse che sono state trasferite negli Usa alle società Internet - ha osservato lad di Telecom - devono arrivare anche agli operatori europei, penalizzati da continui tagli alle tariffe di connessione». Il senso è che operatori come Google, che vedono i loro fatturati aumentare ogni trimestre (pure in tempo di crisi), debbono far partecipare anche le Telecom, che forniscono lautostrada per il loro business e contribuiscono al successo. «La ricchezza generata da Internet - ha commentato Bernabè - per il momento ha favorito solo gli operatori Usa. LEuropa, però, non può stare a guardare, anche noi dobbiamo avere la possibilità di investire in ricerca e sviluppo per creare nuovi servizi in rete. In questo modo potranno ripartire gli investimenti, creando nuove opportunità di business. Inoltre, sul fronte delle reti di nuova generazione, gli Usa hanno goduto di un periodo di vacanza del regolatore». Risultato: gli Stati Uniti hanno reti di nuova generazione, ma chi le ha costruite non deve, almeno per ora, garantire laccesso ad altri. Ma certo negli Usa non cè unAuthority centrale come Bruxelles in Europa, che tanto ha influito sulle autorità nazionali per regolamentare le tariffe e aprire alla concorrenza. Anche se ieri il commissario Ue, Viviane Reding, è stata meno severa del solito.
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