Chiacchiere o pettegolezzi? Parlarsi è «fare gruppo»

Carissimo Granzotto, devo di nuovo appellarmi alla sua disponibilità (la scocciai in precedenza e questa è la terza volta) affinché chiarisca un problema che assilla me e soprattutto mia moglie. Come si fa a distinguere il pettegolezzo dalla chiacchiera? Perché «pettegola» ha significato più negativo di «chiacchierona»? Tutto qui.


Negli anni Sessanta la facoltà di linguistica di una università californiana chiese a vari atenei di reclutare dei volontari fra gli studenti che sciamassero nei luoghi pubblici annotandosi gli argomenti di conversazione dei presenti. Per sei mesi, in più di mille presidiarono bar, McDonald’s, giardini pubblici, metropolitana e bus, supermercati, stadi, uffici postali, ogni luogo, insomma, dove si radunasse della gente. Risultato? Per oltre il novanta per cento «gossip», «chat». Chiacchiere, pettegolezzi. Non fu una sorpresa, per i linguisti californiani: l’uomo non inventò il linguaggio per poter poi discorrere di filosofia, di fisica quantistica o del sublime nell’arte. Ma per tenere unito, con la comunicazione fra i membri, il clan, riferendo e acquisendo informazioni e cognizioni, scambiandosi esperienze ed emozioni che ragguagliano sui membri della tribù. Insomma, un sano, proficuo e socializzante farsi i fatti altrui per farli diventare propri. Tornando all’esito della ricerca americana, sembra proprio che nulla sia cambiato nel corso dei millenni. L’uso del linguaggio resta preminentemente destinato al pettegolezzo (o alla chiacchiera). Per cui lo stentoreo «Io non faccio pettegolezzi» è vanteria senza fondamento. Se il pettegolezzo è, come è, farsi i fatti altrui, a meno di non essere un’eremita nessuno ne è immune. Salutare la cassiera del bar con un «Buongiorno, come sta?» è esattamente farsi i fatti della cassiera.
Beninteso, affinché il pettegolezzo sia pettegolezzo, il farsi i fatti altrui deve risultare innocuo, innocente, potremmo dire addirittura bonario. Quando non lo è, quando c'è malizia, intento diffamatorio o cattiveria, non è più pettegolezzo, è maldicenza. E la chiacchiera? Chiacchiera e pettegolezzo sono definiti all’incirca nello stesso modo, anche se il pettegolezzo avrebbe in sé dell’indiscreto. Non so. Non so, intendo dire, quali possano essere i confini dell’indiscrezione. Se dico: «Lo sai che Maria aspetta un figlio?» sono indiscreto? Spettegolo o semplicemente chiacchiero? Il pettegolezzo come la chiacchiera questo sono: riferire di Maria e di Tommaso, della vacanza a Ibiza dove indovina chi c’era, dei Rossi che hanno comprato una motoslitta, di Tizio che si è fidanzato con Caia e di Sempronio che ha divorziato da Tizia, del capufficio che è proprio antipatico, del figlio che va male a scuola, della figlia che vuole farsi un piercing. Certo, se uno o una dice a Carla (moglie) d’aver visto Luigi (marito) chiudersi in una camera d'albergo con una scutrettolante ventenne, non c’è fin di bene che tenga: non è né chiacchiera né pettegolezzo, ma una carognata. Per concludere, chiacchierare è pettegolare spingendo sull’acceleratore, pettegolare è chiacchierare tirando il freno a mano.

Nel dubbio o in alternativa ricorrere a: «discorrere» (bello l’etimo: correre qua e là con la parola), «conversare» (etimo: trovarsi insieme), «colloquiare» (parlare insieme) anche se quest’ultimo verbo presupporrebbe argomenti di una certa importanza (ragion per cui, gentili Franceschi, oggi non abbiamo colloquiato, ma chiacchierato).

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