Chiesa e Pd, la storia di un ex partito

Chiesa e Pd, la storia di un ex partito

(...) Oppure perché «nessuno, da quando ho annunciato le dimissioni, mi ha chiamato per chiedermi di tornare indietro». Oppure perché «a fine campagna elettorale Burlando ha confidato di aver sempre sentito dire in ambienti del partito che Chiesa non sarebbe stato eletto». A chi ipotizzava la sua difficoltà nel passare dalla realtà di provincia al vertice di uno dei più delicati assessorati della Regione, con 10 miliardi di euro da gestire insieme agli interessi che vi girano intorno da qui a fine legislatura, ha risposto con una citazione storica: «Alla battaglia di Little Big Horn uno dei pochi sopravvissuti all’eccidio fosse stato uno di Mezzanego». Ma dopo tante non risposte, l’assessore rosso sembra sempre più Celestino (V).
Governatore travicello
Ezio Chiesa, nel suo quasi monologo, ribadisce stima e gratitudine per il presidente della giunta Claudio Burlando. Di lui dice che è stato l’unico a manifestargli stima e solidarietà. Tanto che l’ex assessore spiega come le dimissioni siano dovute all’incompatibilità tra lui ed il partito e di aver lasciato «perché l’assessorato alle infrastrutture deve essere espressione del Pd». Nero su bianco: poco importa se un assessore ha la fiducia del governatore, che evidentemente conta poco o nulla. La giunta è questione di tessera, di lottizzazione. Non è uno scoop, ma una conferma che non contribuisce a rafforzare la figura di Burlando.
Marta dalla padella alla brace
Insomma, avrebbe vinto Marta Vincenzi? Le dimissioni di Chiesa sono arrivate dopo uno scontro sulla Gronda, con l’ex assessore regionale che rivendica un ultimo passaggio in Regione per l’approvazione del tracciato. Dopo le sue dichiarazioni Chiesa viene rimproverato da Mario Margini e dal segretario provinciale Pd Victor Rasetto (che l’ex assessore chiama, scrivendolo ripetutamente, «Razzeto»), si apre la sfida che si conclude con un comunicato del partito che dà ragione alla sindaco. Anche il capogruppo del Pdl in Regione, Matteo Rosso, evidenzia «la grande debolezza di Burlando» e il fatto che «il Pd ha deciso di buttare dalla torre Burlando e di salvare la Vincenzi». Eppure non è che la sindaco abbia di che rallegrarsi, visto che le osservazioni di Chiesa sulla Gronda erano e restano tutt’altro che fantasiose. Il tracciato dovrà tornare comunque in Regione e molti problemi arriveranno dai cantieri, perché quelli finora individuati saranno già «occupati» dal Terzo Valico. Solo che adesso, in piazza De Ferrari, Supermarta si troverà a fare i conti con Raffaella Paita. Che non ha concittadini superstiti al Little Big Horn. Auguri.
Lo «spartito»
Il Pd non è un partito normale. Lo dice lo stesso Chiesa, perché «se fosse un partito normale, non avrebbe fatto un comunicato senza neppure interpellare l’interessato. Avrebbe convocato una riunione tra i protagonisti della vicenda, per chiarire». Non solo. «Il Pd insiste molto sulle regole - è sempre Chiesa che parla - Lo ha ripetuto ancora due giorni fa Bersani. Perché però ha paura della regola che va rispettata, cioè il passaggio in Regione per le valutazioni dei tecnici sulla Gronda?». E a proposito di regole da far rispettare solo agli altri: «Alla costituzione del Pd ci inventammo le primarie e con le primarie, chi non ha ottenuto il consenso della gente ha finito per andare a ricoprire ruoli di rilievo nel partito», senza contare che «lo statuto prevederebbe che dopo due mandati uno passi la mano». I dirigenti del partito escono massacrati, la loro incapacità di gestire la vicenda contrasta palesemente con tutto il bene che si dice delle nuove leve. Mai i compagni si sarebbero sognati di vedere i panni sporchi lavati fuori casa per colpa delle dichiarazioni di qualche leader. E mai il partito avrebbe rischiato, per le stesse motivazioni, di sottostare alla minaccia di un ex.

Perché Chiesa ha avvertito: «Ho detto che non mi ricandiderò e sono uno che difficilmente torna sui suoi passi, e sono uno che se non viene stuzzicato è disposto a farsi da parte...». Ma? Complimenti a chi ha perso «mister cinquemila voti», «vincitore di tutte le elezioni».

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