Chiesa nella Ue, la Merkel tenta l’ultimo blitz

Il cancelliere tedesco: «Ambisce a porsi come comunità di valori ma spesso sembra contestarli. Non si edifica un’autentica casa comune trascurando l’identità dei popoli»

nostro inviato a Berlino

Fino all'ultimo ci proveranno Angela Merkel e il presidente dell'Europarlamento Poettering, anche se le possibilità di successo sono ormai ridotte al lumicino. «Non possiamo lasciare isolata la Chiesa» ha detto del resto quest'ultimo nel pre-summit dei popolari europei, sostenuto da Antonio Tajani - vice-presidente del gruppo popolare a Strasburgo - per il quale nel momento in cui si auspica il dialogo interreligioso dovrebbe esser scontato proclamare la propria identità.
La Cancelliera, ottenuto che nel documento del Ppe per i 50 anni della Ue fossero messe in risalto le «radici giudaico cristiane», alla fine ha alzato le braccia. Nella «dichiarazione di Berlino» con cui oggi si festeggeranno i 50 anni dell'Unione europea ma anche la fine dell'impasse dovuta al «no» franco-olandese alla Costituzione mancherà dunque, a meno di colpi di scena dell'ultima ora, il richiamo religioso.
Più che probabile che la Merkel vi faccia cenno nel discorso celebrativo dell'anniversario che ha voluto nella capitale tedesca, cui sono stati chiamati tutti e 27 i Paesi membri, rappresentati da capi di Stato o di governo. È ancora aperto il cammino per un reinserimento visto che oggi non si punta che ad una «road map» per riprendere il cammino comune dopo lo stop imposto dai referendum popolari. Ma intanto l'occasione è sfumata. Colpa di irrigidimenti laicisti (Francia in testa), ma anche da una serie di difficoltà insorte tra Berlino da un lato, Praga, Londra, Madrid, L'Aja, Varsavia dall'altro. La chiamata in causa di euro e Schengen come indubitabili successi della Ue in questi 50 anni ha irritato i britannici che non hanno aderito ai due trattati. Il mancato riferimento al tema dell'immigrazione ha deluso Zapatero, gli olandesi vorrebbero scelte minimaliste e il riconoscimento che sui grandi temi ogni Paese farà per sé, mentre con alcuni stati dell'ex-Est europeo manca la sintonia su alcuni nodi.
Proprio Praga è finita per divenire l'ultimo grosso scoglio prima di appianare le divergenze. Il presidente della Repubblica ceca, Vaclav Klaus, dopo aver definito «ridicolo» il clima di segretezza con cui è stato preparato il testo della dichiarazione di Berlino, sulla menzione della data cui bisogna puntare per le nuove regole (2009) ha osservato che «le persone che vogliono accelerare il processo di integrazione vanno di fretta», mentre invece «le persone normali in Europa, non hanno alcuna fretta». Un colloquio telefonico con la Merkel ha finito con il cancellare il dissenso (la Cancelliera non a caso ha fatto sapere ieri che «si prenderanno sul serio le osservazioni» di tutti i soci), ma il fatto che a firmare la dichiarazione saranno solo in tre (Merkel, Barroso e Poettering) e non i rappresentanti dei 27 la dice lunga sul cammino che ancora si deve percorrere.
E comunque nel solenne impegno che si prenderà stamane sull'Unter der Linden, la «road map» col suo traguardo per il 2009, prima dell'elezione del nuovo Europarlamento sarà messa nero su bianco e ci si aspetta che nel nuovo summit in calendario per giugno a Bruxelles i nodi arrivati al pettine siano del tutto sciolti. Per ora, si festeggia: concerti di gala (ieri sera alla Philharmonie con musiche di Berio e Beethoven), cene di rappresentanza (il presidente tedesco Horst Koehler ha invitato al Castello di Bellevue, gli ospiti illustri), rock in piazza (alla porta di Brandeburgo, ieri sera, tra gli altri Joe Cocker), fuochi artificiali e Berlino by-night.
Anche se, dietro le coppe di champagne, già traspaiono nuovi problemi non marginali. La Merkel ad esempio ha fatto capire che mira ad un esercito europeo in grado di fronteggiare le crisi internazionali, ma non tutti sono d'accordo. In casa nostra pendono ancora le posizioni di parecchi sul futuro politico del continente. Prodi ha scritto ai socialisti (la Margherita non sarà contenta) asserendo che il Pse sarà fondamentale nel rilancio della Ue.

Cristiana Muscardini (in qualità di capogruppo della Uen) s'è detta soddisfatta che sia defunto «il superstato europeo» che si era delineato in precedenza, il che contrasta con la posizione del Ppe verso cui Fini vorrebbe portare i suoi.

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