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La chimica e quel modello su cui puntare

Si è discusso di salute, sicurezza e ambiente e d’impegno delle parti sociali, lunedì in Federchimica (associazione delle industrie chimiche) a Milano. Si trattava di approfondire le linee guida che definiscono l’interpretazione del contratto nazionale e che accompagnano (con grande tempestività: il Testo unico è del 2008) gli ultimi provvedimenti legislativi. Se n’è parlato tra sindacati e organizzazione imprenditoriale con spirito così compartecipato che chi assisteva al convegno non riusciva bene a distinguere i tecnici espressione del mondo industriale dai dirigenti delle federazioni di categoria di Cisl, Cgil e Uil.
Non è una novità. È dalla fine degli anni Settanta, soprattutto dopo la catastrofe di Seveso, che tra imprese e lavoratori è cresciuta una voglia di riscatto e trasparenza che ha dato risultati eccezionali: oggi gli infortuni indennizzati nel comparto industriale chimico sono meno di un terzo rispetto ai settori poco attenti, meno della metà media dell’industria italiana, all’ultimo posto tra le categorie di impresa, superati solo dalle società petrolifere. E risultati altrettanto clamorosi si registrano nel risparmio energetico e nel contenimento di emissioni collegate al cosiddetto effetto serra. E così di contratto in contratto, si sono costruite non solo regole per le imprese ma comportamenti comuni a lavoratori, quadri e management, secondo una logica che va ben oltre l’idea che soltanto la giustizia penale possa risolvere tutto. Contano la consapevolezza, la comunicazione, la gestione comune di enti e programmi bilaterali come il Responsabile care, il programma «volontario» adottato a livello mondiale dall’industria chimica proprio per curare le questioni della «salute, della sicurezza e dell’ambiente». Crescono i corsi di formazione innanzi tutto.
Alberto Morselli segretario della Filcem-Cgil parla di un confronto «incessante e continuo». Sergio Gigli, segretario della Femca-Cisl, riconosce «l’impegno delle imprese del settore» che, dice Giorgio Squinzi, presidente di Federchimica, «non deve risentire della crisi economica». Infatti, tra l’altro proprio l’impegno su sicurezza, salute e ambiente trasforma «tutti» i lavoratori nei migliori comunicatori d’imprese che operano in territori non di rado prevenuti verso impianti chimici. «Confindustria guarda con attenzione a questo settore modello», ha detto al convegno Samy Gattegno, responsabile «sicurezza» di Viale dell’Astronomia. Peraltro un settore con più investimenti fissi di altri e quindi nelle condizioni di guidare l’innovazione.

Ma la lezione della «chimica» non riguarda solo gli altri industriali, quanto quel grumo di sindacalisti che adorano il conflitto per il conflitto, e quell’altra generazione di leader Cgil spaventati dall’idea di confrontarsi strategicamente con le imprese, paralizzati dalle logiche firmo-non-firmo, coopero-non coopero viste in atto in questi mesi.

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