Da Chinatown a Telecom l’Italia è la palude del diritto

La guerriglia che si è scatenata nella Chinatown milanese contro le forze dell’ordine ha posto all’attenzione generale il tema delle regole. Da più parti si è posto l’accento sul fatto che ogni vera integrazione deve comportare l’accettazione di quelle norme fondamentali senza le quali non vi può essere alcuna convivenza.
Ma l’occasione è propizia per sottolineare come l’Italia offra di continuo, tanto agli immigrati come agli italiani, fondati motivi per lamentarsi della selva di leggi e regolamenti che ognuno di noi - in linea teorica - è chiamato a rispettare. Il lassismo italiano, su cui sono soliti ironizzare in Germania o nel Regno Unito, è in larga misura il prodotto di un’iperproduzione legislatrice che da anni sta inflazionando le regole e che in tal modo abitua tutti noi a ignorare ogni disposizione legislativa. D'altra parte, in una società le norme sono poche, ragionevoli, semplici e stabili.
Le leggi devono essere poche, perché nessuno di noi può essere chiamato a rispettare una marea di prescrizioni, né si può pretendere di essere a conoscenza di una selva intricata di ordinanze. Per giunta, le uniche leggi degne di rispetto sono semplici e intuitive, perché sono poste a protezione del prossimo e dei suoi diritti (a partire dai diritti di proprietà). Tra via Sarpi e via Bramante quotidianamente si assiste proprio al fatto che i cinesi sono irrispettoso di quanti lì vivono, devono transitare, hanno bisogno di dormire durante la notte, e via dicendo.
È anche fondamentale che le norme siano stabili, perché diversamente nessuno è più in condizione di fare investimenti e programmi. Al di là della ragionevolezza (o meno) di chiudere al traffico l’intera Chinatown milanese, è chiaro che comunque la si voglia vedere una simile decisione finisce per sconvolgere i progetti di quanti in passato hanno investito soldi in quell’area e ora si trovano impossibilitati a portare avanti i loro piani.
In questo senso, le difficoltà delle botteghe (più o meno illegali) dei commercianti cinesi possono anche ricordare i problemi che hanno affrontato gli investitori stranieri interessati ad Autostrade e Telecom Italia. Nel primo caso come negli altri, l’Italia si presenta come un universo giuridico che ricorda le sabbie mobili: dove tutto è oggi in un modo, ma domani può mutare radicalmente. Dove i diritti di proprietà non sono mai davvero tutelati e i contratti ancor meno. Si tratta di una situazione che rammenta pure l’America latina, dove il diritto è costantemente piegato agli interessi di un gruppo dirigente composto da politici e uomini d'affari che intrattengono rapporti tanto stretti quanto equivoci.
Disboschiamo allora le norme inutili e proteggiamo le regole fondamentali, pretendendo che siano solide ed efficaci.

Solo così potremo esigere, dagli italiani come dagli immigrati, quel rispetto delle norme che un ordine giuridico confuso e illegittimo quale l’attuale non è assolutamente in grado di ottenere.

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