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Choc nel tennis: Federer battuto dal suo imitatore

Prima: «Djokovic dice che può battermi? Mi risulta che il numero 1 sono io: a parole tutti sono bravi, poi vediamo sul campo». Dopo: «Ho creato un mostro: se vinco è normale, se lascio per strada anche solo un set dite tutti che sto giocando male. Vi ho abituato troppo bene: ogni tanto posso perdere anch’io».
La semifinale di Roger Federer è tutta qui: il Re è nudo e questa volta senza attenuanti. Certo, c’è stata quell’influenza virale prima del torneo che alla fine forse s’è fatta sentire, ma Novak Djokovic, il serbo ventenne che l’ha buttato fuori dalla finale degli Australian Open per la prima volta dopo dieci Slam di fila, è sì uno bravo nelle imitazioni di Roger, ma non solo in quelle negli spogliatoi per far ridere i colleghi: lui è uno che studia da Federer e non gli manca molto per laurearsi.
Insomma: Djokovic e il servizio, Djokovic e le accelerazioni, Djokovic e i punti importanti. È stato questo l’incubo di Roger, bastava la faccia della fidanzata tuttofare Mirka in tribuna per capire che non era giornata, che era tutto diverso anche da quel match vinto 10-8 al quinto set con Tipsarevic che sembrava già dovesse mettere davvero downunder - come dicono a Melbourne e dintorni - le gerarchie del tennis. Infatti è stato tutto diverso: sotto 3-5 nel primo set, Novak l’imitatore è diventato la star della serata e ha preso in mano il sogno di diventare un giorno numero uno. Tre set a zero sarà alla fine, con Federer da lì in letargo fino al terzo set, quando ha ritrovato un po’ del suo gioco e un po’ più del suo orgoglio per tentare di rimescolare il mazzo: ma i jolly, questa volta, erano finiti.
Così Re Roger che chiede tre volte l’intervento di Occhio di falco - la macchinetta che corregge gli errori arbitrali - e sbaglia tutte e tre le volte, Re Roger che urla dopo aver buttato via l’ennesimo dritto, Re Roger che deve usare lampi del suo genio per restare attaccato al momento che fugge, quel Re Roger insomma è solo un Federer qualunque, non il mostro che lui ha creato e che ora, a 26 anni, probabilmente sa che il simbolo del potere assoluto, il Grande Slam a cui tutti l’hanno predestinato, resterà imprendibile nella roccia del tennis con i volti scolpiti di Donald Budge e Rod Laver.
Djokovic invece aspetta domani, anche se il suo destino è già stato scritto oggi: è un vincente, lo sarà anche in futuro. «Ma è difficile spiegare come mi sento - ha detto guardando là nello stand dove mamma, papà e i due fratellini tennisti tutti insieme sulla maglietta facevano il suo soprannome, Nole -. È assolutamente fantastico aver vinto in tre set questa partita: l’esperienza dei match del passato mi è servita, nei momenti più importanti ho giocato il mio miglior tennis. Il trucco? Ogni volta che incontri Federer impari qualcosa. Ho cercato di pensare una tattica e seguirla, soprattutto ho cercato di rimanere positivo anche nei momenti frustranti e ho convissuto bene con la pressione». Che ora significa essere il favorito al ballo dei debuttanti contro «Muhammed Alì» Tsonga, il francese che una vecchia stella come Jim Courier ha incoronato futuro imperatore: «Ogni sport aspetta i volti nuovi - taglia corto Djokovic - , la finale sarà interessante, con due giovani a sfidarsi. Non abbiamo niente da perdere».
Già, non come Federer, né come Rafa Nadal, il numero due che doveva essere re e che invece ha già subito il sorpasso di Novak in classifica. E ora che c’è Djokovic-Tsonga - la finale più incredibile e, per questo, ancor più bella con Maradona forse presente invitato proprio da Novak - Federer la vedrà? «Non so se sarò ancora a Melbourne». Ma accenderà la tv? «No». Però almeno sa chi vincerà? «Non mi importa nulla». Ecco: il Re è nudo e comincia a sospettare qualcosa. In fondo Djokovic l’ha candidamente confessato: ieri ha imparato qualcosa di nuovo.

TV Australian Open, finale maschile: Djokovic (Ser)-Tsonga (Fra) domani ore 9.30, diretta Eurosport. Oggi replica finale donne Sharapova (Rus) - Ivanovic (Ser) alle 8.30 e 17.

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