"Ci sentiamo italorussi. Mosca ha riabilitato le minoranze etniche"

La presidente della comunità: "Il referendum e l'annessione sono stati la salvezza della gente"

"Ci sentiamo italorussi. Mosca ha riabilitato le minoranze etniche"

Igor Ferri arriva all'appuntamento indossando una t-shirt azzurra, con lo stemma dell'Italia sul petto. «Sono cresciuto a Kerc, ma mi sento italiano. Mia nonna era pugliese. In città ci sono circa 500 italiani, ma solamente in dieci parliamo correttamente la lingua italiana».

Igor ha 38 anni, è un agente immobiliare con la voglia di crescere professionalmente. «Nei prossimi mesi mi trasferirò a Mosca - racconta - qui non c'è tanto lavoro». E con il cuore che batte italiano. «Ho sempre avuto la passione per l'Italia, che sento la mia terra di origine e qui in Crimea ne promuovo la cultura». È lui ad aver fondato su Facebook la pagina «Italiani in Crimea», seguita da migliaia di follower.

L'annessione alla Russia? «Ho votato sì - ribatte mi sento russo oltre che italiano - dice scherzando -, sono cresciuto con l'Unione Sovietica e ho visto un solo Stato». E chi dice che si è trattata di un'invasione militare? «Nessuna invasione. Tutto è stato tranquillo, solo militari che controllavano il territorio». E sull'aspetto economico afferma: «La situazione è migliore ora. Certo, bisogna ripartire... ma gli investimenti nel settore delle costruzioni rilanceranno il turismo e trascineranno la Crimea verso lo sviluppo. Il ponte è sicuramente una svolta».

A metà degli anni Venti, gli emigrati italiani antifascisti rifugiati in Unione Sovietica furono inviati a Kerc per «rieducare» la minoranza italiana. Ma tra il 1935 e il 1938 le purghe staliniane fecero sparire nel nulla molti italiani, arrestati con l'accusa di spionaggio e di attività controrivoluzionarie. Nel 1942, a causa dell'avanzamento della Wehrmacht in Ucraina e in Crimea, le minoranze nazionali presenti sul territorio, compresi gli italiani, finirono deportate con l'accusa di collaborazionismo.

Giulia Giacchetti Boico è la presidente di Cerkio (Comunità degli emigrati in regione di Crimea - Italiani di origine). «L'obiettivo della nostra comunità è quello di unire gli italiani - spiega al Giornale - rinvigorire il senso di identità nazionale, cercare informazioni sui nostri antenati. Organizziamo eventi culturali, feste, aiutiamo la nostra gente a conoscere la lingua italiana», racconta la presidente. Vi sentite più russi o ucraini? «Ci sentiamo italiani - risponde sorridendo - per noi è importante raccontare la nostra storia. Sotto l'Ucraina, per più di vent'anni, abbiamo cercato di avere una riabilitazione. E invece niente. Con la Russia, un mese dopo il referendum, è arrivato il decreto di riabilitazione delle minoranze, fra cui anche gli italiani. Un decreto per il riconoscimento delle minoranze perseguitate dallo stalinismo e deportate per motivi etnici».

«Durante il periodo sotto l'Ucraina, non c'erano vera democrazia e libertà - prosegue Giulia - ma solo minacce. Il referendum del 2014 e l'annessione alla Russia sono state la salvezza per l'intero popolo crimeano. La vita migliora, il sistema sanitario anche. Si sta meglio. Ancora ci sono tante difficoltà, ma la situazione si sta stabilizzando e la Crimea si sta sviluppando. Per oltre vent'anni siamo rimasti fermi. Il referendum non si è svolto sotto la minaccia di fucilazioni o violenze. La gente ha potuto votare liberamente». Per la presidente Giulia, la speranza per il futuro è una sola. «Avere la pace fra Ucraina e Russia. Le sanzioni sono ingiuste e penalizzano solo la popolazione. Non c'è possibilità di viaggiare, non funzionano le banche e i cellulari, ci sono danni economici, soprattutto verso gli imprenditori. Secondo l'Unione europea e gli Stati Uniti siamo un popolo oppresso, viviamo sotto le armi, siamo occupati.

Ma non è così, non è così - ripete - è stata una scelta libera della gente in Crimea. Il referendum è stato onesto. È stata la scelta migliore per evitare una nuova guerra in Crimea. Il mio auspicio è che arrivi presto la pace tra Kiev e Mosca e le sanzioni siano tolte al più presto».

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