Egregio Dottor Granzotto, ora che si multano anche i ciclisti per leccessivo (?) tasso alcolico da vecchio piemontese a cui piace ancora un bicchiere o due per pasto di un ottimo Barbera di Barbaresco mi chiedo quando tempo occorrerà prima che il nostro «paterno e onnipresente» governo dovrà intervenire per sovvenzionare anche i viticoltori che con queste demagogiche campagne anti alcool vedranno e vedono già oggi scemare di molto gli ordini dai loro clienti esercenti di esercizi pubblici in cui pochissimi ormai vogliono correre il rischio di perdere la patente per aver bevuto, durante una buona cena o buon pranzo, un paio (dico: un paio) di bicchieri di vino? Mi piacerebbe conoscere la sua illuminata previsione espressa anche dopo aver bevuto solo due (dico due) bicchieri di «Tavernello» e non necessariamente del magnifico e misconosciuto e sempre mai troppo poco lodato «Barolo Chinato».
Direi piuttosto «la» Barbera, caro Libertini (al maschile indica il vitigno). Essa è femmina, sesso insolito per un vino. «Vinum Berberis», prodotto cioè dai Berberi che a lungo infestarono - lasciandoci però la Barbera in dono - lAstigiano. Una volta «fante dei vini», come lo definì l«optimum potor» Paolo Monelli, oggi è un generale a tre stelle, forse quattro. Ben dato, invece, lappellativo di magnifico al Barolo Chinato (io me ne centello di quello della Cantina Poderi Einaudi, una sciccheria), delizia tutta piemontese che mai si prese la briga di espatriare, restando così incognito ai più. La bottiglia di Barolo Chinato è sempre stata presente nei controbuffet, nelle vetrinette Luigi Filippo dei salotti della buona borghesia subalpina (ma anche nelle dispense delle regge sabaude e, a quanto si racconta, nel comodino di Camillo Benso Conte di Cavour, messa di traverso nello stipo porcellanato che avrebbe dovuto ospitare «el tupinari», il vaso da notte), servito sia come digestivo sia come liquore medicinale. Tale, questo si dava e si dà per certo, da scacciare lumidità dalle ossa e corroborare chi avesse in sorte di affrontare le nebbie invernali. Per venire a bomba, sì, i nuovi provvedimenti adottati per sconsigliare di mettersi al volante o in bici alticci, risultano un po troppo severi. Obbligando chi non concepisce nemmeno lipotesi di pranzare ad acqua - ed io tra quelli. Il diluvio universale è lì a ricordarci cosa può fare, lacqua - di scegliere un ristorante a distanza di piedi o a distanza di tram o a distanza di taxi. Sempre che non faccia parte di una brigata comprensiva di astemio autodotato (o si dice, in burocratese, autofornito?). Ma dividere il desco con un astemio, che le devo dire? A me fa impressione. Non credo, tuttavia, che la durezza della legge finisca per danneggiare i produttori di vino in misura tale da spingerli a mendicare un contributo statale per lucro cessante e/o danno emergente. In quelle dieci-dodici trattorie geograficamente ben distribuite e che frequento abitualmente, mai che vedessi un tavolo non onorato da almeno una bottiglia. E non credo che gli avventori abbiano tutti in proposito di sfidare i rigori della legge a cuor leggero. Ci si arrangia, facendo di necessità virtù (in una di quelle trattorie mincuriosii ai maneggi di un attempato gentiluomo il quale, mentre la sua dama si godeva senza tormenti un bicchiere via laltro, procedeva nel bere con molta circospezione traendo ogni tanto di tasca un aggeggino che furtivamente portava alle labbra.
Paolo Granzotto
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