Chi la vuole bionda, chi luppolata, chi profumata di agrumi. La birra in Italia non è più solo una bevanda da pub o da partita in TV: è diventata un linguaggio condiviso, un fenomeno trasversale che unisce generazioni e gusti. E in occasione della Giornata Internazionale della Birra, che si celebra venerdì 1° agosto, il settore alza il boccale e brinda a un mercato più vivace che mai.
Non è solo una sensazione da scaffale ben fornito: i numeri dicono che il comparto è in pieno fermento. Secondo le stime di Future Market Insights, il valore globale della birra toccherà i 793 miliardi di dollari nel 2025, con una previsione di 1.616 miliardi nel 2035, a un ritmo di crescita annua del 7,3 per cento. A fare da capofila è sempre lei, la lager, che da sola copre il 45 per cento del mercato mondiale. Ma dietro questa bionda classica, si muovono nuovi attori e nuove tendenze: birre artigianali sempre più creative, tecnologie emergenti (sì, c’entrano anche blockchain e AI), packaging sostenibili e, soprattutto, una rivoluzione silenziosa ma inarrestabile: le birre analcoliche. Sì, perché oggi bere birra non significa necessariamente bere alcol. Secondo The Business Research Company, il mercato della birra analcolica ha toccato quota 22 miliardi di dollari nel 2024 e si stima che salirà a 35 miliardi entro il 2029. Una spinta arrivata soprattutto da Millennials e Gen Z, sempre più inclini a scegliere prodotti con basso (o nullo) contenuto alcolico, senza rinunciare al gusto.
Anche in Italia la tendenza si fa sentire. Stando ai dati raccolti in occasione della fiera Tutto Food Milano, nel solo biennio 2023-2024 le birre analcoliche hanno visto una crescita del 35 per cento, con un giro d’affari di 450 milioni di euro. Non solo dati: dietro i numeri ci sono le scelte, le prove, gli errori e le ripartenze di chi la birra la fa sul serio. È il caso di Simone Brusadelli, mastro birraio di Doppio Malto, catena di ristorazione e birrificio artigianale 100 per cento italiano. “Le prime prove per produrre birre analcoliche risalgono a due anni fa – racconta –. Abbiamo sviluppato mosti poco fermentescibili, usando il nostro solito lievito saccaromices. L’idea era ottenere birre leggere, con profilo aromatico simile a quelle ‘normali’”. Le prime prove? “Buone, ma difficili da replicare su larga scala”. Così è scattato il piano B: “Abbiamo studiato due ricette delle nostre birre storiche, adattandole in versione analcolica e usando una tecnologia di de-alcolazione messa a punto con un partner italiano”. Risultato: “Due birre leggere, aromatiche, con schiuma persistente e gradazione bassissima”. E, sorpresa, al pubblico sono piaciute. “Eravamo tentati da tempo, ma volevamo farlo a modo nostro, senza compromessi – spiega Ivan Tagliavia, Head of Marketing del brand –. Il fatto di produrre tutto internamente ci ha permesso di sperimentare senza pressione. I nostri locali sono stati il banco di prova: l’accoglienza è stata subito positiva”.
La risposta entusiasta del pubblico non solo ha confermato la scelta di puntare sull’analcolico, ma ha anche fornito una cartina di tornasole utile per leggere i gusti degli italiani. Proprio grazie ai dati di vendita nei ristoranti Doppio Malto, si può disegnare una top ten delle birre più amate. In cima al podio c’è sempre lei, la Bionda: dissetante, rassicurante, democratica. Al secondo posto, l’IPA: segnale che il pubblico italiano non ha più paura di avventurarsi tra luppoli intensi e profumi esotici. Medaglia di bronzo alla Rossa, amata per i suoi toni maltati e decisi. Seguono la Weiss e la Scura, che testimoniano l’interesse crescente per gli stili più ricercati. L’American Wheat e la Bitter portano una ventata internazionale nella classifica, mentre all’ottavo posto la Ginger Ale conferma la curiosità verso esperienze brassicole alternative. E al nono posto, lei: la birra analcolica. Ancora non da podio, ma in decisa risalita. A chiudere, la Blanche, un evergreen dell’estate, che resiste alle mode con la sua leggerezza speziata.
Insomma, il mercato della birra non è mai stato così
frizzante. Tra vecchie glorie, nuovi gusti e versioni sobrie ma convincenti, la birra si dimostra più che mai lo specchio di un’Italia che cambia, ma che non rinuncia a brindare. Anche se, a volte, lo fa senza alzare il gomito.