Ma ci si può scandalizzare per questa foto?

La marea nera, la nube vulcanica, la Grecia che va verso la bancarotta, il terrorismo che torna a colpire. Con tutti i guai che ci sono al mondo che cosa sciocca l’opinione pubblica? Le carezze tra due calciatori. Forse nemmeno gay

Ma ci si può scandalizzare per questa foto?

Se i signori Ibrahimovic e Piqué facessero i ballerini, di professione, oggi la loro foto «in atteggiamento affettuoso» non sarebbe su tutti i giornali e in milioni di siti internet. Invece sono due calciatori, e allora dagli con il sogghigno, la sgomitata o – almeno – la sorpresa. Cosa ci sia da sorprendersi, davvero non so.

Può darsi che l’omosessualità sia più diffusa in certe professioni piuttosto che in altre. Risulta, per esempio, che lo sia moltissimo fra quei sarti promossi al rango di stilisti. È normale. Se un signore sceglie di addobbare quanto più vezzosamente e elegantemente una signora, come si fa con le bambole, è probabile – anzi auspicabile – che non abbia predisposizioni da sciupafemmine.

Ma è più che lecito supporre che, in quasi tutti gli altri mestieri e professioni, la presenza degli omosessuali corrisponda alla media, ovvero che siano equamente divisi tra muratori, ragionieri, giornalisti e politici. Perché non dovrebbe avvenire lo stesso fra i calciatori? Ovvio, perché. Perché nell’immaginario collettivo il calcio è un’attività virile.

Virile, attenzione: su questa parola si gioca tutto. Vir, sta per uomo, maschio e forte. Alcuni etimologisti addirittura congiungono «vir» a «vis» (plurale «vires»), cioè alla forza. La virilità, insomma, è il contrario del femminino. Del resto, non bisogna ricorrere ai dizionari o al latino per capire che – nell’immaginario collettivo – un calciatore deve essere più che maschio, maschione. È un uomo che deve correre più veloce degli altri, elevarsi (per il gioco di capo, non dirò di testa) più degli altri, calciare più forte degli altri, resistere ai contrasti e agli spintoni più degli altri. E che – soprattutto – deve, come supremo gesto simbolico, infilare il pallone in rete. Non occorrono spiegazioni su cosa significhi quella simbologia: secondo gli studi antroposociopsicologici, è una delle componenti più determinanti nel successo del gioco del calcio.

Ecco spiegato lo stupore per due calciatori – oltretutto campioni, mica mezzecalzette – gay, ammesso che lo siano: di uno mi informano che è sposato, e che l’altro è un dongiovanni. Bisessuali, dunque, casomai, che è tutt’altra faccenda. Niente di più ridicolo di quello stupore, perché niente impedisce a un omosessuale - né a un bisessuale - di essere forte, veloce, duro, né tantomeno di «insaccare in rete».

Evidentemente, però, si preferisce il calciatore maschio tutto d’un pezzo, il gladiatore: anche se, si sa, pure fra i gladiatori più celebri e potenti l’omosessualità e la bisessualità erano più che normali. Sono scherzi del luogo comune, delle idee ricevute, della banalità eletta a sistema. Tant’è, fateci caso, che proprio in questi giorni ci si è scandalizzati tanto per il gesto brutale e antisportivo di un calciatore-bruto, che ha preso a calci un collega, prendendolo dalle terga. Ci si è scandalizzati per l’antisportività mica per la brutalità. Tanto che in molti hanno commentato che «nello sport può succedere».

Allora non può succedere anche che due calciatori si diano un bacino? In privato, ma anche in pubblico? Sarò un tenerone, un flaccido, ma li preferisco. Viva Ibrahimovic e Piqué, abbasso Totti.


Infine, è almeno sgradevole che, con tutto quello che sta accadendo - soprattutto nell’economia mondiale, nel terrorismo e nel vastissimo mondo dei pedofili –, si stia a occuparsi dei rapporti personali fra due giovani uomini e su quanto accostino le patte, addossati a un’auto. Già è troppo che ci si interessi tanto a quel che fanno in campo, figuriamoci fuori.
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