Ci sono 60mila persone ma i giornalisti "liberi" mentono pure sui numeri

"Repubblica" e "L’Unità" s’inventano 300mila presenze. A Roma va in scena la propaganda dell’opposizione: un mare di bandiere Cgil. Il Pd invita la folla alle primarie, la De Gregorio distribuisce copie del suo giornale. Siddi, sindacalista che snobba il giornalismo

Ci sono 60mila persone ma i giornalisti 
"liberi" mentono pure sui numeri

Roma Un mare di bandiere, palloni e palloncini rossi della Cgil. Un bel pacco di bandiere del Pd, stagni di bandiere dipietriste. E un oceano di cappellini rossi targati Unità o Cgil. Concita ha nuovamente fregato il compagno/amico Menichini, a regalar giornali tra la folla ci sono soltanto i suoi strilloni e quelli di Repubblica. L’altro giornale del Pd, Europa, non si vede: forse teme davvero la censura. Potevano mancare gli striscioni dell’Anpi, «ora e sempre resistenza»? C’è uno striscione bianco imperioso: «Terremoto in Abruzzo - il buco dell’informazione»: oddio, è stata censurata anche l’informazione dall’Aquila e non ce ne siamo accorti. A reggere lo striscione dei «farabutti di Raitre» hanno mandato gli ascari: i mezzibusto, i Mannoni, le Venditti, i Sassoli e i Vianello sono tutti nel recinto vip del palco. Sventola qualche bandiera dei giovani repubblicani: forse anche Nucara se ne vuole andare come La Malfa. C’è lo striscione di Emergency, quello di Sinistra Critica, la Fiom, l’Arci, la Federconsumatori. La Cgil di Lugo di Romagna agita fiera i suoi cartelli, come i pensionati Cgil di Osimo, del resto. Quelli della IV Internazionale se ne fregano dell’informazione negata e del guinzaglio, con un lenzuolone rosso grande come Porta del Popolo vanno al sodo chiedendo che «governino i lavoratori».
Suona l’Orchestra di piazza Vittorio e piazza del Popolo balla: rumba, samba, vai col tango. Sono le 15.20 e il sole picchia. Meno male che hanno i cappellini di Concita e di Epifani, anch’egli nel recinto dei panda, però ridente e soddisfatto. Nella folla prevalgono gli accenti toscani ed emiliani. Gran bei pullman, ha organizzato la cinghia di trasmissione. Dal palco annunciano che son 150mila, poi 200 e infine 300mila. Come sempre, gli organizzatori sono presi dalla vertigine dei numeri, ma questa piazza quando è colma ne tiene 60mila. Che non son pochi, per una manifestazione organizzata da giornalisti liberi e resistenti, che però son racchiusi tutti quanti nel backstage. E va bene che sono storie di Repubblica e di altri nove, dicesi nove, quotidiani e dell’80 per cento dei giornalisti Rai, però la Cgil e il Pd potevano far di meglio: o scarseggiano adesso anche i lavoratori, i giovani e le donne volontarie per una gita gratis a Roma? Pure il servizio d’ordine nel recinto è del soccorso rosso. Evviva il sindacato libero dei giornalisti.
Però i cappellini sono preparati. Quando alle 16 Franco Siddi, segretario della Fnsi, se la prende con Cisl e Uil che per partecipare «pretendevano» di discutere il documento e il programma, la folla si scatena in un tuono di fischi. Il segretario dei giornalisti è incontenibile, «non chiediamo qui, se sei di destra o di sinistra!» tuona. Nooo, guarda quel signore in maniche di camicia che è riuscito a raggiungere la transenna sotto il palco e grida incessante: «La libertà c’è, tu sei un pagliaccio». Siddi non può sentirlo, si sta infiammando per la libera stampa «che non china la testa e non piega la schiena», la piazza esplode «siamo-tutti-fa-ra-butti» e ancora «San-to-ro, San-to-ro», ma dopo mezz’ora che quel temerario provoca, seppur civilmente, quelli col cappelletto dell’Unità e della Cgil se lo mangiano. Onore al signor Mario Vitale.
E onore pure al presidente emerito Valerio Onida, quello che stava all’Alta corte già nel ’97, quando dalla sera alla mattina sbianchettarono su input del pio Oscar la decisione sul referendum per la smilitarizzazione delle Fiamme gialle. Abile Onida, che esaltando la «grandezza» giornalistica di Feltri, «pari solo al suo cinismo», solleva raffiche di fischi facendo mostra di spegnerli. Gli applausi a spellarsi le mani per Mauro, Santoro e Travaglio però, non ha fatto nemmeno finta di smorzarli.
Onore a quel recinto di rifugiati a Parigi e confinati a Ventotene, che hanno mostrato il petto contro la dittatura. Sembrava il cortile di Montecitorio quando c’è il pienone per un voto di fiducia. E i giornalisti oppressi a pavoneggiarsi con loro, inseguirli e vezzeggiarli come madonne pellegrine. Solo Del Boca e Jacopino, dell’ordine nazionale, hanno preso le distanze. «La libertà non è quella di Repubblica contro il Giornale», ha dichiarato il presidente. «Vedo la controfigura di Di Pietro, quello che ha il record di cause intentate contro giornali e giornalisti», ha ironizzato il segretario. Ma per il resto, che pena signora mia! Bello però, l’incontro tra Bertinotti, Gianni, Donadi e Fumagalli. E la miriade di telecamere - c’è pure pdcitv - che inseguono i candidati del Pd, gettonando più Bersani di Franceschini e Marino? Toh, si rivedono anche Angius, Ferrero, Mussi e Giordano.

E gli immancabili della cultura, attori e registi delle migliori terrazze romane. Finalmente sale sul palco la sindacalista dei precari della scuola e invita i suoi «trentamila» - facciamo la metà - che han fatto tappa lì, a muoversi per Trastevere. Una voce si leva: «Brava!, sparaje alla Gelmini».

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