Ci vorranno quasi tre milioni per ripristinare il depuratore

«Abbiamo bisogno di istituzioni superiori rispetto a quelle locali che hanno fatto finora un lavoro eccezionale». Sono le cinque e mezza del pomeriggio e le agenzie di stampa hanno appena battuto la notizia che il consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per il Lambro «al fine di consentire il proseguimento delle operazioni di protezione civile per la messa in sicurezza di alcune grandi dighe». E il presidente della Provincia di Monza e Brianza può tirare un sospiro di sollievo. «I danni più grossi sono al depuratore di Monza. Per rimetterlo in funzione ci vorranno ancora due settimane e più di due milioni e seicentomila euro - spiega Dario Allevi -. Per quanto riguarda invece i danni al Lambro, al Po sarà una cifra molto grossa. Noi ci costituiremo parte civile e faremo sentire la nostra voce».
E se la situazione sulle sponde del fiume migliora di giorno in giorno, rimane ancora il problema delle due vasche biologiche dell’impianto di depurazione che funzionano soltanto al 25 per cento. Complessivamente. Il che significa che una parte di microinquinanti, come azoto e fosforo, finisco direttamente nell’acqua non riuscendo ad essere filtrati. «Tutto il materiale che arriva dai reflui viene trattato al 25% - spiega il dottor Antonio Magnani, coordinatore della gestione emergenza Lambro per Monza e Brianza -. Tutti i solidi sospesi vengono fermati a monte attraverso l’impianto primario è attivo al 100%». Guai a dire che il depuratore inquina il corso del fiume. Grazie all’impianto che serve 800mila abitanti sono riusciti a trattare e recuperare mille tonnellate di materiale. «La quantità di azoto e fosforo che viene rilasciata in questo momento non comporta danni per fauna e flora - assicura il tecnico -. Se continua, ci sono problemi a valle per la qualità dell’acqua. Se uno vuole berla, non è possibile. Per questo nei comuni stanno chiedendo di non attivare impianti di irrigazione». Di fronte a un attentato terroristico di quella portata, l’impianto ha fatto un vero miracolo, dicono gli esperti. «Si immagini di dover gestire tremila tonnellate di petrolio che arrivano a 200 all’ora..È abominevole». E però, la funzionalità ridotta preoccupa alcuni degli operatori che lavorano sulle rive del fiume. «Stanno rilasciando componenti che caricano di nutrienti le acque, favoriscono la fioritura della vegetazione in modo poco controllato - spiegano -. Producono molto ossigeno e sbilanciano l’equilibrio delle acque».
Intanto il presidente della Regione ha annunciato la «segnalazione formale di reato alla procura per accertato superamento dei limiti di stoccaggio di gasolio sulla base dei rilievi effettuati anche dall’Agenzia delle Dogane e dall’Arpa». «Sta nelle responsabilità del gestore dell’impianto assicurare la sua sicurezza - ha spiegato Formigoni -. L’autorità inquirente dovrà valutare in quale modo, assai deficitario mi sembra, i responsabili abbiano provveduto alla sicurezza dell’impianto. Mentre nulla può essere sollevato a carico di Arpa Lombardia o degli altri enti».

E contro la Lombarda Petroli, durissimo anche Allevi. «Si deve fare chiarezza il prima possibile. Questi criminali in pochi secondo hanno distrutto un lavoro di 20 anni. Ci sono centinaia di cittadini ancora sotto choc che temono che non si trovi il colpevole».

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