«Ciampi mal interpretato sulla data delle elezioni»

Si è parlato di Dpef e giustizia. Poi il premier ha incontrato Casini alla Camera

«Ciampi mal interpretato sulla data delle elezioni»

Massimiliano Scafi

da Roma

Giornata intensa: un’ora e mezzo da Ciampi in tarda mattinata insieme a Gianni Letta per parlare di elezioni, terrorismo e economia, quaranta minuti da Casini intorno all’ora di pranzo per accordarsi sui passaggi parlamentari e sulla riforma elettorale, poi una lunga riunione pomeridiana a Palazzo Grazioli con gli esperti di giustizia di Forza Italia. Giornata dura, ma alla fine Silvio Berlusconi appare soddisfatto: mentre il pacchetto Castelli sull’ordinamento giudiziario, grazie alla fiducia, sta per arrivare al traguardo, la possibilità di votare il 9 aprile, almeno per il momento, sembra accantonata. «È un problema da vedere in seguito - dice il premier - su cui nessuno si è trattenuto ancora». E l’idea del capo dello Stato di sciogliere le Camere con un mesetto di anticipo, per evitare l’ingorgo istituzionale? «Non è vero, non è così - risponde Berlusconi -. Il presidente è stato mal interpretato». Come dire: è stato vittima di forzature giornalistiche, l’hanno tirato per la giacchetta.
Al Quirinale toni distesi, diversi sorrisi, cordialità sparse. Un incontro «molto positivo», lo definiscono sul Colle. Nei giorni scorsi Carlo Azeglio Ciampi aveva comunque iniziato un cauto sondaggio tra le forze politiche sull’ipotesi di un accorciamento tecnico della legislatura: poca roba, qualche settimana appena, quanto basta per evitare che le elezioni si accavallino con la scelta del nuovo presidente della Repubblica. Una piccola sforbiciata al calendario per ottenere che il nuovo governo sia in carica per l’estate 2006, quando l’Italia sarà impegnata nei vertici europei e del G8, giusto in tempo poi per preparare il prossimo Dpef e cercare di presentarsi con le carte in regola al giudizio dell’Ecofin sui nostri conti pubblici. Sull’argomento, fanno notare sul Colle, ci sono illustri e numerosi precedenti. «Ma è soltanto una possibilità», spiega adesso il capo dello Stato ai suoi ospiti. Tra l’altro, non è certo una decisione che Ciampi può prendere da solo: deve consultare i presidenti delle Camere e anche quello del Consiglio, visto che toccherà proprio a Palazzo Chigi stabilire la data definitiva.
Ma a Berlusconi la cosa non piace per niente, tanto più che il centrosinistra, appoggiando l’ipotesi «tecnica» di votare il 9 aprile, l’ha riempita di contenuti fortemente politici: serve uno scioglimento precoce perché il governo è «esaurito», cotto. Una cosa che il Cavaliere considera assolutamente improponibile. «Non è tanto per la data, quanto per le motivazioni addotte. Come posso io essere d’accordo a una fine anticipata della legislatura perché l’esecutivo governa male?». Lo ha detto l’altro giorno ai suoi fedelissimi, lo ripete ora a Ciampi: «Vedi, presidente, io non ho nulla in contrario a un intervento per semplificare i vari passaggi istituzionali e per garantire la governabilità del Paese. Però la cosa non può diventare un atto di sfiducia nei miei confronti». Il capo dello Stato concorda: lo scioglimento anticipato è «un ragionamento sul calendario» che «rientra nel novero delle possibilità» ma, se andrà fatto, «dovrà servire all’interesse comune del Paese» e non potrà diventare «materia di scontro e di strumentalizzazione politica». E così Berlusconi può rilassarsi: dell’exit strategy dalla legislatura si riparlerà più avanti. Ciampi e Berlusconi discutono anche del pacchetto Pisanu antiterrorismo. Le misure, dice il capo dello Stato, devono coinvolgere «la più ampia maggioranza possibile». Il premier è d’accordo, però ricorda che, in quanto capo di una maggioranza, deve «tenere conto delle indicazioni di tutte le forze politiche che sostengono il governo». Lega inclusa, che chiede provvedimenti più duri. Ma il Cavaliere deve risolvere il suo rebus politico tenendo presente la stretta comunanza d’idee su questo argomento tra Quirinale e Viminale.
Altri temi del colloquio la riforma dell’Onu, l’economia, la devolution. E la giustizia. I tempi per l’approvazione del pacchetto Castelli, dopo la scelta del governo di porre la questione di fiducia, sono strettissimi.

Dopo le polemiche dei giorni scorsi tra Marcello Pera e il Csm, Ciampi su questo punto mantiene un riserbo assoluto. I rilievi che doveva fare sono stati fatti quando ha rispedito il provvedimento alle Camere. E un secondo no, Costituzione alla mano, è impossibile.

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