Ciampi: sull’Europa non si fa marcia indietro

Fassino: «Il ministro per le Riforme non rispetta le istituzioni, deve dimettersi». E Castelli ribadisce: «Chiederemo la consultazione popolare»

Ciampi: sull’Europa non si fa marcia indietro
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Gian Battista Bozzo

da Roma

«Non si possono addossare all’Unione Europea responsabilità che rientrano in gran parte nelle competenze degli Stati membri». Carlo Azeglio Ciampi utilizza il messaggio di saluto al convegno per i cinquant’anni della Conferenza di Messina, che pose le basi del Trattato di Roma, per mettere in chiaro che «non si torna indietro» dalle conquiste europee, compresa la moneta unica. «Non si mettono a repentaglio le conquiste acquisite - afferma il capo dello Stato -, ci si impegna per accrescerle».
Ciampi torna anche sulla questione del bilanciamento fra politica monetaria e politica di bilancio in Europa, già sollevato nel recente suo discorso di Aquisgrana: «La stabilità finanziaria e valutaria della zona euro va rafforzata - spiega - eliminando progressivamente la sempre più stridente asimmetria fra governo della moneta e governo dell’economia».
L’intervento del presidente della Repubblica arriva nel pieno della polemica scatenata dalle dichiarazioni di Roberto Maroni. Il ministro del Welfare ha chiesto, a nome della Lega, un referendum popolare sull’euro. E il suo collega di partito Roberto Calderoli insiste: «Il referendum metterà definitivamente nel cassetto l’euro, e lo relegherà a moneta per collezionisti». Il ministro delle Riforme attacca poi Ciampi, perché il presidente «è uno di quelli che ha spinto perché il nostro Paese entrasse a tutti i costi nell’euro, e per lui oggi è dura accettare una sconfitta. La maggiore difficoltà che abbiamo sul debito pubblico - aggiunge polemicamente Calderoli - è un’eredità che ci hanno lasciato i premier e i ministri dell’Economia del passato, soprattutto chi ha svolto entrambi i ruoli», fra i quali c’è anche Ciampi.
L’euro diventa dunque argomento di forte polemica interna, ma non soltanto fra Lega e Quirinale. Piero Fassino, segretario dei Ds, critica Calderoli per «l’assenza di qualsiasi rispetto per le istituzioni» e lo sollecita a immediate dimissioni. Nella maggioranza, An e Udc prendono le distanze dal Carroccio, in maniera plateale. «Le parole del ministro Calderoli verso il presidente della Repubblica trovano il nostro più assoluto e più radicale dissenso politico», avverte Marco Follini. «Tutti siamo chiamati a rispettare il capo dello Stato», aggiunge Gianni Alemanno. E proprio da Messina, Gianfranco Fini ricorda che l’euro, con quanto sta avvenendo in questo periodo nell’economia globale, non ha nulla a che vedere. Le incertezze non si risolvono ricorrendo all’autarchia, aggiunge. Invece, la moneta unica «è garanzia di stabilità e credibilità per l’Europa, ma anche e soprattutto per l’Italia», afferma il ministro degli Esteri. «Con Maastricht - gli fa eco il ministro delle Politiche comunitarie Giorgio La Malfa - l’Europa ha creato la moneta unica, dalla quale non si può e non si deve tornare indietro». Ciampi e Fini «hanno ragione - concorda il capogruppo di An alla Camera Ignazio La Russa -: per noi l’euro è un’opportunità».
La sinistra critica l’atteggiamento assunto dalla Lega sull’euro, ricordando i possibili danni d’immagine all’estero per il nostro Paese. Ancora ieri, il governatore della Banca di Francia Christian Noyer ha criticato l’uscita del ministro leghista. E c’è chi, come Marco Rizzo, di Rifondazione, definisce Maroni come «il ventriloquo» di Berlusconi: «Dice quel che il presidente del Consiglio per ora non può dire». Renzo Lusetti, della Margherita, invita il governo a sconfessare apertamente e in maniera formale «le proposte strampalate della Lega». Secondo l’eurocommissario Franco Frattini, quella di Maroni sull’euro era una battuta, alla quale non può far seguito alcuna azione concreta.

Per Fabrizio Cicchitto (Forza Italia), «è totalmente da escludere l’idea di reintrodurre la lira». Sarà pure così, ma il ministro della Giustizia Roberto Castelli, esponente di primo piano del Carroccio, sembra pensarla diversamente: «Chiederemo un referendum sull’euro», conferma.

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