Cicchitto: "Fini faccia una scelta chiara poi smettano di piantare grane"

Presidente Cicchitto, sei ore di vertice Pdl per lanciare un ultimatum ai finiani: o date la fiducia a Berlusconi sui 5 punti della mozione, oppure si va al voto?
«Non parlerei di aut aut. Ma è evidente che i finiani dovranno fare una scelta chiara. La mozione conterrà una definizione e articolazione precisa della linea di maggioranza e dei punti su cui si dovrà essere compatti. E una cosa deve essere chiara».
Quale?
«Il retroterra della mozione sarà naturalmente il programma di governo su cui ci siamo tutti impegnati, ma stavolta non staremo al gioco delle approvazioni generiche per poi piantare casini specifici».
Niente tira e molla e negoziati continui sul merito dei provvedimenti, ad esempio quello sul processo breve?
«La legge sul processo breve è già stata approvata dal Senato, e quel testo lo hanno votato tutti i soggetti parlamentari della maggioranza, finiani compresi. Perché alla Camera dovrebbero cambiare idea? Il testo resterà quello. Comunque il processo breve non è l’unico provvedimento in materia di giustizia: vogliamo avviare una riforma globale, che impedisca l’uso politico dell’arma giudiziaria. E vogliamo che venga fermamente respinto il tentativo di delegittimazione per questa via di Berlusconi».
Se si ritrova l’intesa sui 5 punti, le porte del Pdl si riaprono per i finiani? E la richiesta di dimissioni di Fini cade?
«Ovviamente ci auguriamo dai finiani una maggiore apertura e collaborazione, in coerenza con le aspettative dell’elettorato di centrodestra che li ha votati. E non raccogliamo le provocazioni arrivate a iosa in questo periodo».
Quanto al presidente della Camera?
«Del ruolo di Fini non abbiamo discusso, in questo vertice. Il problema politico c’è, ed è evidente: vedremo cosa dirà il 5 settembre dalla festa di Mirabello, ma è sempre più chiaro che Fini è protagonista in prima persona di una operazione politica che va a mordere dentro il Pdl. Ha fondato un nuovo gruppo parlamentare, si parla addirittura di una nuova forza politica: il problema costituito dal fatto che non è super partes c’è tutto».
Se il gruppo che fa capo a Fini non vota tutti i 5 punti della mozione, siete pronti a chiedere il voto anticipato?
«Ribadiamo quel che abbiamo detto per tutta questa estate: da parte nostra c’è lo sforzo di andare avanti, insieme. Ma il nodo è quello di avere una maggioranza parlamentare chiara. Se in Parlamento si ergono ostacoli al programma di governo, e addirittura da parte di un pezzo della coalizione, ci si deve attenere a quel che detta una legge elettorale bipolare: se la maggioranza salta, si deve tornare alle urne».
Circolano sondaggi secondo cui la maggioranza tiene ma il Pdl potrebbe cedere tra i 50 e i 60 parlamentari alla Lega. Non li temete?
«Sono cifre terroristiche messe in giro per ragioni politiche, apposta per creare allarmismo. È indubbio che a Nord c’è una concorrenza forte della Lega, ma non certo di queste proporzioni. Siamo saldi nel settentrione, e anche nel Sud. E il Pdl veleggia tra il 36 e il 37%».
Con il capo dello Stato avete superato le incomprensioni?
«Nessuno, nel gruppo dirigente del Pdl, ha alimentato alcuna tensione. C’è il massimo rispetto per Napolitano, e grande chiarezza sulla nostra linea costituzionale: se questo governo cade, si deve tornare al voto».
Ieri un editoriale del «Foglio» avvertiva: se Berlusconi e Fini non smettono di farsi la guerra, potrebbero perderla entrambi e potrebbe spuntare un «vincitore» esterno.

Può succedere?
«Anch’io auspico che un confronto diverso da quello di questi mesi. Ma certo non vedo altri vincitori possibili all’orizzonte: non mi pare esistano alternative di leadership, tanto meno a sinistra».

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