Dal ciclismo all’atletica, Spagna porto franco del doping

Al Tour la stampa spagnola è in apprensione per il ginocchio sinistro di Alberto Contador. Teatrale messinscena alla vigilia dei Pirenei (domani, ndr) o serio problema che potrebbe mettere in ginocchio in maniera definitiva il campione di Pinto? Questo, per loro, è il vero e autentico problema. Poco importa che Contador debba ancora essere scagionato dal Tas dall'accusa di doping (esattamente un anno fa, qui al Tour, fu trovato positivo al clembuterolo, ndr).
Dalla Spagna arriva la notizia dell'assoluzione di Marta Dominguez, e qui nessuno dice nulla. Nulla dicono in Spagna, per quale ragione dovrebbero occuparsene qui in Francia? L'assoluzione della gran dama dell'atletica spagnola, scagionata da tutte le accuse di doping nonostante gli inquirenti avessero in mano prove schiaccianti, getta nuove inquietanti ombre sulla Spagna che fa sport. Qui si vince, mica ci si controlla. Qui si fanno record, si festeggia, si umiliano gli avversari, mica si cerca l'etica.
La storia di oggi o meglio di questi giorni, è la storia che ormai dura da troppo tempo, perlomeno dal 2006, quando in Spagna scoppiò il caso doping più fragoroso della storia (l'Operacion Puerto, ndr) che travolse gran parte del ciclismo europeo fuorché quello spagnolo. Eufemiano Fuentes, il ginecologo della Canarie specializzato in emotrasfusioni, parlò di sportivi spagnoli: calciatori, tennisti, sciatori e personaggi dell'atletica. In Italia, in Francia, in Germania si operò come in nessun altro Paese (Valverde fu fermato due anni dopo grazie al Coni italiano, non alla giustizia iberica, ndr), in Spagna non hanno mosso dito: in compenso sono andati avanti a vincere. Nel calcio, nel tennis, nell'atletica e non solo.
Dall'Operacion Puerto all'Operacion Galgo, la seconda grande offensiva antidoping scattata il 9 dicembre scorso per mano della Guardia Civil spagnola. Con l'assoluzione della Dominguez possiamo dire che è finita allo stesso modo, se non peggio, perché anche davanti a prove che gli inquirenti definivano schiaccianti, non è stato fatto nulla. Per la campionessa dell'atletica, a questo punto, c'è da liberarsi solo dell'ultimo capo di imputazione: quello di frode fiscale.
Niente da fare, da una parte c'è la Spagna che fa finta di nulla e continua a vincere, e dall'altra il resto del mondo che prosegue la lotta ai bari e spesso, troppo spesso proprio contro gli spagnoli perde. Giustizia a due velocità, con la Wada che fa la voce grossa con gli sport più deboli e lascia fare a quelli più potenti, soprattutto se praticati in nazioni come la Spagna. Proprio su queste colonne siamo stati tra i pochi a denunciarlo: la Wada manda i controlli al Barcellona e questi non si fanno trovare.

Cosa che può sembrare normale, quando la normalità invece impone l'obbligo di reperibilità. Per la serie: quel giorno dici di essere lì da quell'ora a quell'ora, se non ti trovo, alla seconda infrazione corrisponde una positività. Questo vale almeno per un ciclista. Almeno per chi spagnolo non è.

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