
Gentile Direttore Feltri, in Italia regna la partitocrazia; la maggioranza dei Governi - specialmente nella prima Repubblica - duravano poco, quelli più longevi un anno. Basti pensare che il Governo che è durato di più è stato il Berlusconi II, che è durato una legislatura. Ciò è dato dall'onnipotenza dei partiti, per colpa dei nostri costituenti che vollero esautorare il potere esecutivo per paura di un ritorno del fascismo, come spiegò Indro Montanelli. In Italia
abbiamo otto partiti principali, in più novantotto tra partiti locali ed extraparlamentari. Io credo che troppi partiti facciano confusione, difatti le persone non votano più. Nel 2008 Berlusconi provò a limitare questa confusione, almeno nella zona del centrodestra, creando un partito unico: il Popolo delle Libertà. Ecco, io credo che questa sia la soluzione: un partito unico di centrodestra (unione tra FdI, FI e Lega), e un partito unico di centrosinistra (unione tra Pd, M5S, Avs, Azione
e Italia Viva), eliminando tutti gli altri partiti. Che ne pensa Direttore? Crede che la presenza di solo due partiti, come negli Usa, possa ridurre la confusione presente in Italia? e possa portare gli italiani alle urne?
Giuseppe Ultimieri
Caro Giuseppe,
ti ringrazio per la tua lettera, che tocca un nodo fondamentale della nostra democrazia: l'eccesso di partiti, la debolezza dell'esecutivo e la confusione permanente in cui versa il nostro sistema politico da oltre settant'anni. Tu hai centrato il punto: l'Italia soffre di una partitocrazia cronica, una frammentazione patologica, alimentata da una Costituzione che,
con l'intento nobile di evitare derive autoritarie, ha finito per paralizzare il potere decisionale.
Indro Montanelli, che giustamente citi, lo spiegava con grande lucidità: i padri costituenti hanno scritto la Carta con il terrore del ritorno del fascismo, e per esorcizzarlo hanno partorito un sistema in cui il governo è sempre sotto ricatto del Parlamento, e il Parlamento sotto scacco dei partiti. Risultato? L'instabilità è diventata la norma. E la politica, anziché governare, si è ridotta a una rissa permanente tra comitati elettorali e conventicole ideologiche.
È vero, negli anni della Prima Repubblica i governi duravano in media un anno. E anche quelli della Seconda, pur più stabili in apparenza, sono stati spesso zavorrati da veti incrociati, compromessi al ribasso, e coalizioni tenute insieme più dalla paura di perdere la poltrona che da una visione comune. Tu proponi un modello bipartitico, alla maniera
americana: un partito unico di centrodestra, frutto della fusione tra FdI, Forza Italia e Lega, e uno di centrosinistra, con dentro Pd, 5 Stelle, Avs e centrismi assortiti. Sulla carta è un'idea razionale, persino auspicabile. Ma nella realtà italiana è più facile che nevichi ad agosto. Perché? Perché da noi ogni leader politico, anche il più inconsistente, si crede Napoleone. Perché ogni corrente è una setta. Perché l'ego viene sempre prima del bene comune.
Il Popolo della Libertà, nato da Berlusconi proprio con l'intento di semplificare l'offerta politica del centrodestra, è stato l'ennesima dimostrazione del fallimento strutturale del bipolarismo all'italiana. È durato meno di quanto sarebbe servito a costruirne le fondamenta. E lo stesso si può dire dei vari Ulivo, Unione, Insieme, Campo largo e altre trovate da laboratorio genetico della sinistra, puntualmente affondate dalla litigiosità congenita di quel mondo. A ben vedere, il numero dei partiti non è il problema. Anche se ne avessimo due, se poi dentro ci sono venti correnti, trenta faide, e una classe dirigente che pensa solo a comunicare sui social anziché governare, il caos resterebbe. Anzi, si aggraverebbe. Il vero problema è la mancanza di visione, di serietà, di senso dello Stato. Manca una cultura della responsabilità, quella che negli Stati Uniti
consente una vera alternanza senza isterismi. Da noi, se vince la destra, gridano al fascismo. Se vince la sinistra, parlano di riscossa antifascista. Sempre le stesse caricature, gli stessi fantasmi, le stesse accuse logore. Il bipolarismo, per funzionare, richiede maturità politica e istituzioni solide. Due cose che in Italia ancora non abbiamo.
Dunque, caro Giuseppe, capisco la sua nostalgia per un sistema più ordinato, più leggibile, più sobrio. Ma temo che semplificare il numero dei partiti non sia sufficiente, se prima non si semplifica la testa di chi quei partiti li guida. Finché i leader italiani continueranno a pensare più al proprio tornaconto che al futuro del Paese, potremo anche passare da dieci partiti a due, tuttavia il risultato non cambierà: seguiteremo a galleggiare nel nulla, in attesa del prossimo salvatore della patria.
Che, puntualmente, si rivelerà un altro illusionista.Una soluzione per una maggiore stabilità di governo? Confidiamo che questa maggioranza realizzi la riforma del premierato, che consegna più potere ai cittadini. Del resto, la sovranità appartiene al popolo.