
L'importante è finirli, fino alla fine. D'altra parte Tadej Pogacar di problemi non se ne fa e nemmeno se li crea. Su di lui tutto scorre, panta rei, tanto lui è il re. E il re non si scompone, prosegue la sua opera, con determinazione e convinzione. Lo criticano perché vince troppo, perché lascia le briciole agli avversari, perché sbriciola le loro ambizioni ad ogni piè sospinto: lui prosegue la sua opera di demolizione e con i detriti è andato a costruire il monumento che già ora lo eleva nell'olimpo dei più grandi di sempre. «Sono pagato e bene (più di 12 milioni di euro, ndr), per correre e vincere. E la cosa strana è che a me piace un sacco vincere, mi diverte. Perché ricerco ostinatamente il successo? Perché come ho detto mi piace e, soprattutto, perché non so se domani sarò ancora in grado di poterlo fare. Così, fin quando ne ho, do il massimo», ha avuto modo di spiegare in più di un'occasione il 27enne corridore sloveno, da cinque anni numero uno del ranking mondiale, da due campione del mondo in carica.
Batte il ferro finché è caldo Tadej, e per il momento il suo è incandescente, mentre gli avversari hanno lo sguardo vitreo e il colore del ghiaccio. Dal mondiale di Kigali, in Ruanda, ha rifilato solo ceffoni. Domenica scorsa in Francia si è anche preso il titolo di campione europeo e martedì, suo malgrado, ha vinto per la seconda volta in carriera la Tre Valli Varesine, con una progressione in discesa che ha lasciato il gruppo di stucco. «Il nostro piano era di aspettare il giro finale, ma la Tudor di Alaphilippe ha deciso di rendere dura la corsa molto prima. Del Toro e io, a quel punto, siamo partiti in salita ed è andata bene. L'azione in discesa? Ho visto che avevo guadagnato qualche metro di vantaggio e ne ho approfittato, anche perché sapevo che se non mi fosse andata bene ci sarebbe stato Isaac (Del Toro, ndr) dietro per vincere».
Per certi versi è disarmante, ma in gruppo appaiono disarmati. Finale di stagione sulle ginocchia, mentre lo sloveno sembra essere ancora parecchio in palla. «Sono ancora motivato, e non vedo l'ora di correre domani il Lombardia. Arriviamo a Bergamo, proprio dove vinsi per la prima volta questa corsa bellissima». Da quattro anni è cosa sua, nessuno è mai stato in grado di contrastarlo: quattro su quattro, neanche fosse Luka Doncic. «È il mio grande obiettivo: vincerla per la quinta volta consecutiva».
Se riuscisse nell'impresa sarebbe il primo: nemmeno Coppi. Nemmeno Merckx, al quale ormai è accostato costantemente. Nemmeno Hinault, che ha già affiancato abbondantemente. Cercheranno di rompergli le uova nel paniere Remco Evenepoel e compagnia pedalante: farlo perdere, sarebbe già un successo. «Proveranno in tutti i modi a battermi: ed è giusto che sia così.
Il mio rivale Evenepoel? Non solo lui, anche se Remco ha dimostrato di pedalare ancora molto bene e di avere forti motivazioni. Se non dovessi fare cinquina? Ci sta, è nell'ordine delle cose. Averne vinte quattro consecutivamente, però, credo che sia già qualcosa di grande, anche se io proverò a fare qualcosa di grandissimo».