Tour, sul Puy de Dôme rimonta epica di Woods. Pogacar stacca Vingegaard nel finale

Una delle salite mitiche del Tour non delude le aspettative: dopo una prova maiuscola di Jorgenson, il canadese lo supera a 500 metri dal traguardo a velocità doppia. Nel finale lo sloveno stacca la maglia gialla, guadagnando 8 secondi sul rivale

Fonte: Twitter (@LeTour)
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Alla fine, più che la durezza di una salita resa mitica dalle imprese di Poulidor, Coppi e Gimondi, a convincere il gruppo a mordere il freno è stato il gran caldo. I protagonisti del Tour 2023 preferiscono lasciar fare la fuga che parte già dal primo chilometro e si accontentano di risparmiare le forze in vista di una seconda settimana complicata. Spazio quindi agli outsider partiti per prendersi una vittoria importante. Se lo statunitense Powless ne approfitta per allungare sui rivali nella classifica scalatori, l’attacco decisivo lo mette il connazionale Jorgenson, che stacca i compagni di fuga ad una ventina di chilometri dal Puy de Dôme. Impressionante la prova di forza dell’americano della Movistar che in salita addirittura guadagna sui rivali.

Alle sue spalle, però, Michael Woods ne ha più di tutti: ignorato dalla regia riprende tutti e affianca l’americano a 500 metri dal traguardo, lasciandolo sui pedali. Vittoria clamorosa quella del canadese della Israel-PremierTech, una prova di forza d'altri tempi. Nel finale spettacolare duello tra i due favoriti: Pogacar stacca il rivale ma senza mandarlo in crisi. Lo sloveno chiude infliggendo 9 secondi al danese, ancora in giallo ma per soli 17 secondi: dal punto di vista psicologico, però, è una vittoria importante per l’alfiere della UAE.

Una fuga importante

Una delle tappe più affascinanti di questo Tour prende il via da una città legata a triplo filo ad uno dei ciclisti più amati dai tifosi nonostante si fosse guadagnato il soprannome di “eterno secondo”. Raymond Poulidor se l’era battuta per anni contro gente come Anquetil e lo stesso Mercxx ma ora è il nipote, Mathieu van der Poel, a tenere alto il nome di famiglia sulle strade di Francia. Nel 1964 Pou Pou lottò aspramente contro il favorito Anquetil proprio sulla salita del Puy de Dôme, arrivo che vide i trionfi di Fausto Coppi, Felice Gimondi e tanti altri campioni. Nemico numero uno oggi, il gran caldo africano che consiglierà a molti di risparmiare le forze, specialmente nell’ascesa finale. Neanche il tempo di abbassare la bandiera e la fuga di giornata saluta la compagnia. Un gruppetto agguerrito di ciclisti si fa strada ed approfitta del lassismo del gruppo per accumulare secondi su secondi. A convincere il peloton a lasciar fare, l’assenza di uomini di classifica, visto che sono Neilson Powless e, forse Michael Woods, potrebbero aspirare ad un guadagno importante.

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Velocità molto alta in questo inizio pianeggiante della nona tappa, con la Soudal-QuickStep che prova a riportare almeno un paio di ciclisti nel gruppo di testa, senza successo. Pochi chilometri dopo tocca alla Ineos e ad Alaphilippe tentare un’azione ma là davanti si collabora alla grande, con cambi regolari e velocità media molto sostenuta. Skjelmose e Bettiol provano un allungo per ricongiungersi a Powless ma, da soli, difficile recuperare più di un minuto. Nonostante i fuggitivi siano a distanza di tiro, alle spalle manca la volontà di recuperarli, non così lontani dalla salita decisiva di giornata. Il traguardo volante sul Lac de Vassiviere vede il duo della Uno-X prendersi i punti e il premio in palio con Abrahamsen. Alla fine il gruppo si rialza e lascia che la fuga allunghi decisamente. Inutile sprecare energie, il Tour è ancora troppo lungo. Quando i 14 di testa arrivano ad oltre 9 minuti di vantaggio, è ormai quasi certo che il vincitore di oggi verrà da questa azione.

Scaramucce tra i fuggitivi

Dopo la prima parte pianeggiante, iniziano le salite, anche se non terrificanti come quella finale. La cosa interessa poco a Powless, con il ciclista della EF intenzionato a fare incetta di punti per difendere la maglia a pois. Lo statunitense, anche se non ha compagni di squadra a dargli una mano, porta il suo vantaggio nella classifica scalatori a nove punti. Se dovesse davvero fare bottino pieno prima del Puy de Dôme, porterebbe il distacco da Pogacar e Vingegaard oltre i 21 punti, abbastanza da garantirsi un altro giorno in maglia a pois. L’americano si ripete alla Côte de Pontcharraud ma l’attenzione di tutti è all’alimentazione e, soprattutto, ad idratarsi come si deve: un errore ora si pagherebbe con gli interessi sulla salita finale.

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Visto che ormai il gruppo ha deciso di lasciar fare, si inizia a cercare di capire chi potrebbe portare a casa una tappa molto prestigiosa. Il favorito è probabilmente Michael Woods, l’unico con un pedigree da scalatore impeccabile. Il canadese ha vinto ad un Grand Tour ma finora solo alla Vuelta: prendere la prima vittoria alla Grande Boucle su una scalata mitica sarebbe una grande soddisfazione. Quando ci si avvicina alle fasi finali, la collaborazione tra i fuggitivi lascia spazio ad una serie di attacchi e contrattacchi: il primo a provarci è Boivin, ma Lutsenko trascina i compagni di fuga a ricucire lo strappo. L’avvicinamento alla Côte de Pontaumur vede l’attacco di Campenaerts, ansioso di mettere da parte un tesoretto di secondi prima dell’inizio della scalata finale. Powless non è affatto d’accordo: li riprende e si porta a casa altri due punti.

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Arrivare ai piedi della scalata in 14 non è davvero il massimo e gli attacchi si susseguono uno dopo l’altro. Un’azione guidata da Jorgenson e Woods sembra avere un po’ di successo, con Lutsenko, Burgandeau e Gregaard a ruota ma è solo il preludio all’attacco vero, portato dallo statunitense della Movistar. La spallata del 24enne vincitore del Tour dell’Oman e secondo al Tour de Romandie va presa sul serio, visto che nel giro di pochi chilometri si porta a 21 secondi di vantaggio sul resto della fuga. Il gruppo maglia gialla, a ben 13 minuti di distacco, preferisce lasciar fare.

Jorgenson contro tutti

Nonostante manchino più di 25 chilometri ad una delle scalate più mitiche del Tour de France, i ciclisti non ne vogliono sapere di lasciar fare il ciclista della Movistar e si lanciano uno dietro l’altro al suo inseguimento. L’azione più convincente la mette Mohoric ma viene subito seguito da Powless, De la Cruz ed il francese Burgandeau, che accumula circa 16 secondi di vantaggio sul resto della fuga. Un momento complicato per Jorgenson, indeciso sul da farsi: lasciarsi riprendere dal quartetto e giocarsi il tutto per tutto sulle rampe finali o tenere duro e rischiare di finire la benzina quando la strada inizia a salire? Per il momento preferisce andare da solo, come se niente fosse, ma il suo vantaggio continua a scemare chilometro dopo chilometro.

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Jorgenson sceglie una via di mezzo: spinge forte in discesa, approfittando del fatto che tra il quartetto alle sue spalle c’è ben poca collaborazione. Il gruppo di Michael Woods è a circa un minuto e, per il momento, non sembra molto attivo. Manca però molto alla fase critica della tappa. Powless molto attivo nel mettersi alla ruota di Mohoric, decisamente più veloce in pianura: Jorgenson, dall’alto dei suoi 15 secondi di vantaggio, se la ride. Nonostante siano già le 5 di pomeriggio, ai piedi del Puy de Dôme ci sono oltre 34°, un fattore che potrebbe fare la differenza quando la strada salirà oltre l’11% di pendenza. De la Cruz ha un problema meccanico e deve cambiare bicicletta proprio in una lunga discesa, una vera disdetta per lo spagnolo. Ad approfittarne l’americano, buon cronoman, che accumula oltre 30 secondi sul trio si inseguitori.

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Una rimonta d’altri tempi

A 16 chilometri dall’arrivo il vantaggio di Jorgenson è salito a quasi un minuto ma bisognerà vedere come se la caverà quando la strada salirà parecchio. La scommessa degli inseguitori è che finirà la benzina al momento sbagliato: vedremo se pagherà o meno. Nel gruppo maglia gialla, invece, regna la calma più totale: il distacco di 16’27”, evidentemente, non preoccupa. Il cambio di ritmo appena si inizia la salita verso il traguardo è chiarissimo: Jorgenson sceglie un rapporto agile e cerca di stabilire un ritmo adatto alle sue caratteristiche. Alle sue spalle, la sfida è tra Powless e Mohoric, anche se Burgandeau avrà voglia di farsi notare. L’americano beve frequentemente e si bagna spesso il volto, segno che ha speso davvero tanto nella sua azione.

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Quando Powless si accorge che i compagni di fuga stanno andando troppo piano, prova ad accelerare ma non c’è niente da fare: il vantaggio del connazionale è stabile attorno ad un minuto, con Jorgenson che stringe i denti e va avanti del suo passo. Gli ultimi chilometri saranno su una strada troppo stretta per ospitare il pubblico, che si affolla quindi nella strada che porta da Clermont-Ferrand ai piedi dell’antico vulcano. Impressionante comunque la prestazione del ciclista della Movistar, che ormai vede a portata di mano la prima vittoria al Tour. Nonostante sia a quasi dieci chilometri di distanza, il gruppo maglia gialla si sveglia, limando un minuto all’americano. Sarà più importante, però, vedere chi tra i favoriti se la caverà meglio sulla famosa salita.

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Gli ultimi chilometri sono i più duri, quelli più temuti dai ciclisti del Tour: se è interessante capire come se la caverà l’americano, molti degli spettatori sono più interessati a vedere se Vingegaard reggerà il passo di Pogacar o se vedremo un attacco importante dello sloveno. Van Aert si mette al lavoro del compagno di squadra con il peloton che lima un altro minuto a Jorgensen. Gli ultimi 4 chilometri si svolgono in un silenzio surreale con l’americano che va avanti agile: qualche chilometro indietro Pogacar è alla ruota del rivale, con le rispettive squadre a provare a dargli una mano. Mohoric lascia sui pedali Powless, con Michael Woods che è riuscito a riprendere il terzetto, ignorato dalla regia internazionale.

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Il canadese va su a velocità doppia e si lancia all’inseguimento di Jorgenson, che sta affrontando la parte più dura dell’ascesa. Woods paga lo sforzo qualche centinaio di metri dopo ma il ciclista americano è solo 40 secondi avanti. L’ultimo chilometro vive del duello a distanza tra i due nordamericani: il ritmo del canadese è micidiale e l’americano non ha le forze per reagire. A 500 metri dalla fine l’inseguimento è completato: il momento della verità arriva quando l’americano si volta. Il canadese capisce che non ne ha e si invola verso la vittoria. Recuperare due minuti in quattro chilometri durissimi è un’impresa memorabile. Jorgenson va in crisi e perde diverse posizioni.

Pogacar attacca Vingegaard

Lo spettacolo vero è però alle spalle, con lo scontro tra Vingegaard e Pogacar sulle rampe più dure. Lo sloveno attacca forte a meno di due chilometri dalla vetta ma il danese risponde immediatamente: Pogacar continua la sua azione pestando sui pedali ma il rivale non molla. L’ultimo chilometro vive del loro scontro, con lo sloveno che allunga nel finale prendendo qualche secondo preziosissimo per la generale. Più che i secondi, però, è il vantaggio dal punto di vista psicologico che si farà sentire, specialmente visto che domani è una giornata di riposo. Vedere come reagirà il danese alla ripresa del Tour sarà importantissimo, visto che il suo vantaggio nei confronti del rivale è sceso a soli 17 secondi.

Classifica di tappa e generale

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La tappa di martedì

Dopo la giornata di riposo, il Tour de France riparte dal centro geografico dell’Hexagone, il parco tematico dedicato ai vulcani chiamato, senza troppa fantasia, Vulcania. I chilometri non sono tanti, solo 167, ma su un percorso molto nervoso, tutto saliscendi che si fa strada nel parco regionale dei Volcans d’Auvergne. Prima di arrivare nella cittadina di Issiore, cinque GPM, incluse due salite non banali come il Col de Guery (7,8 chilometri a 5% di pendenza media) e la Croix Saint-Robert (6 chilometri al 6,3%).

Tour 2023 tappa 10 altimetria
Fonte: Cyclingpro.net

Nonostante si arrivi dopo una giornata di meritato riposo, la tappa sarà assai faticosa, specialmente se il gran caldo continuerà a seguire il Tour. Zero tratti pianeggianti e, come riconoscenza per aver superato le salite, una lunga discesa fino all’arrivo.

La tappa, almeno sulla carta, sembra fatta apposta per un’azione dalla lunga distanza. A meno che non ci siano ciclisti in corsa per la generale, probabile che i favoriti preferiscano risparmiare le gambe per le Alpi.

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Fonte: Cyclingpro.net

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