«Il cielo stellato sopra di me» Carpentieri, omaggio a Kant

L’attore ottantenne dà un taglio diverso al suo personaggio

Viviana Persiani

Distruttore della metafisica dogmatica, critico della ragione pura, massimo rappresentante dell’illuminismo tedesco e autore di un’autentica rivoluzione filosofica; il pensiero di Immanuel Kant, oltre essere prezioso materiale di studio e di riflessione rappresenta anche un importante spunto per il teatro. Amedeo Messina, dopo essere stato suggestionato dalla preziosità del mondo quotidiano che ruotava attorno alla figura dello studioso, ha consacrato al filosofo un lavoro drammaturgico che, in prima milanese fino al 29 gennaio, sarà in scena al Teatro Verdi.
Diretto e interpretato da Renato Carpentieri la messinscena de Il cielo stellato sopra di me - Omaggio a Immanuel Kant, in prima milanese, non si nutre di sole nozioni, o di impianti filosofici, né di argomenti metafisici e teorie sullo spazio e sul tempo; lo spettacolo volge lo sguardo verso l’umanità di un filosofo che, con le sue opere, ha infisso una pietra miliare del pensiero moderno.
In occasione del bicentenario della morte del pensatore tedesco, l’autore ha voluto rendere omaggio a Kant andando a indagare nella dimensione più quotidiana della sua semplicissima vita per estrapolare così gli elementi cardine del pensiero filosofico.
«Elementi in qualche modo necessari per far vivere un pensiero critico - dice Messina - che assegna alla ragione i suoi compiti e i suoi limiti, rivela le menzogne delle ideologie come quelle del progresso, mette a nudo i sotterfugi del potere, ci spalanca la profondità del cielo coi suoi infiniti mondi e la responsabilità di una morale che ha in ciascuno di noi tutti il proprio fondamento».
La scena della sala di via Pastrengo si trasforma, così, in una zona di conversazione dove il protagonista, confrontandosi con il suo servo Lampe, racconta della relazione d’amore, quasi a livello coniugale, con l’universo della metafisica. Uno straordinario Carpentieri, prossimo agli ottant’anni, dà vita a un pensatore che, partendo da concetti astratti, universalmente riconosciuti come fondamenti della materia filosofica, approda a un’analisi e a una critica della ragion domestica, elevando al di sopra della banalità una dimensione quotidiana illuminata nelle sue più cupe profondità.
«Siamo abituati all’idea secondo cui - dichiara l’autore Amedeo Messina - i filosofi ci debbano venire incontro nelle aule scolastiche, o tutt’al più leggendo i loro testi. E così pure, troppo spesso, i modelli e le pratiche della filosofia insegnata ci hanno indotto a trascurare che il pensiero nasce dal confronto sui problemi d’ogni giorno».
È vero e indiscutibile che il modo prettamente libresco di affrontare tanta profondità di pensiero può trasformare tanta grandezza in noia e pedanteria. Un metodo efficace e creativo per rendere certi argomenti, magari ostili all’apparenza, e certi personaggi inavvicinabili per l’imponenza di pensiero più vicini alla gente comune è la trasposizione teatrale di ciò che è pervenuto alla nostra conoscenza attraverso un’alienante rigidità razionale; ecco perché anche la filosofia di Kant rischia di apparire priva di passione.


Due codici espressivi differenti, utilizzati al fine di contraddistinguere i due interlocutori, le diverse ricchezze culturali e le differenti competenze cognitive danno vita a un lavoro singolare; lo spettatore è invitato a vivere in prima persona l’incontro fatale tra teatro e filosofia, una sorta di sfida raccolta dall’autore, ma anche dal regista-interprete.

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