Economia

Cimoli: «Conti peggiorati altri 550 milioni per Alitalia»

Si profila una risorsa inaspettata: 480 milioni con l’ipoteca della flotta

Paolo Stefanato

da Milano

Sale a 550 dai previsti 400 milioni il fabbisogno necessario ad Alitalia per fronteggiare il nuovo scenario che si è determinato soprattutto a causa dell'impennata del prezzo del petrolio. Tutto ciò solo per l’esercizio 2005. È la cifra fornita ieri sera ai sindacati, nel corso di una lunga riunione, dal presidente e ad Giancarlo Cimoli, che ha spiegato come il peggioramento derivi dall'aggravio dei costi del carburante per 415 milioni, per 60 dall'evoluzione del rapporto di cambio euro-dollaro, per 23 dai costi assicurativi, mentre 50 milioni sono attribuibili a «cause varie». Senza il caro-petrolio, con il greggio a 41 dollari, Alitalia - ha detto Cimoli - avrebbe già raggiunto l'obiettivo di un risultato operativo in utile. La spesa per il carburante, ha spiegato, nel 2002 era pari a 485 milioni; è scesa a 460 nel 2003, per poi risalire a 580 nel 2004: nel 2005 dovrebbe arrivare a 850 milioni e a 1.015 milioni nel 2006. In questa situazione, ha osservato, la compagnia deve dimostrare a banche, investitori e ai piccoli risparmiatori che, se mettono i soldi, non li perderanno come in passato, ma guadagneranno: un messaggio che ha come destinatari soprattutto le banche. Anche i revisori dei conti, ha concluso, al prossimo cda, che non è stato ancora convocato, vorranno sapere se ci sono i presupposti di continuità aziendale.
Per ora Cimoli non ha chiesto interventi sul costo del lavoro; ma la riunione riprende oggi con tavoli tecnici. Tuttavia egli ha ventilato una misura che non era stata ancora ipotizzata, e che dà l’idea di un’importante, residua capienza finanziaria della compagnia: dall’ipoteca della flotta di proprietà potrebbero essere ricavati 480 milioni. Su 184 velivoli, 126 sono di proprietà e 54 in locazione.
Ieri mattina il Consiglio dei ministri ha varato, come previsto, il decreto legge sui «requisiti di sistema» per il settore del trasporto aereo. Non si tratta di finanziamenti, ma di sgravi ai vettori e paralleli aggravi ad altri soggetti della filiera; si dà agli uni togliendo agli altri. Se la Borsa mostra fiducia spingendo all’insù il titolo del 2,4%, commenti funesti sono giunti dai gestori degli scali. Assaeroporti annuncia ricorso contro il decreto. Secondo le sue stime, i tagli ai ricavi degli aeroporti sono nell’ordine dei 200 milioni, e metteranno a rischio 1.500 posti di lavoro. Mentre i benefici per Alitalia - osserva l’associazione - saranno modesti, gli sgravi andranno a beneficio dei suoi concorrenti, che aumenteranno il loro vantaggio competitivo. Secondo fonti sindacali, la sola Sea (Milano) perderà ricavi per 30 milioni; secondo ambienti aeroportuali, il doppio, quando l’utile dell’ultimo esercizio è stato di circa 50 milioni e proprio nel momento in cui il Comune di Milano si appresta a privatizzarla.
Il decreto non contiene cifre, e tutte quelle in circolazione sono frutto di stime. Lo stesso viceministro Tassone, che nell’intervista di ieri al Giornale aveva indicato in 170-180 milioni i benefici per il sistema e in 70-80 quelli a vantaggio di Alitalia, ieri ha rettificato i suoi calcoli indicando il valore del decreto in 120-124 milioni a regime, di cui il 30% per Alitalia. L’impatto del decreto sul 2005 è valutabile nel 13% del suo valore totale; quindi i benefici per Alitalia, da qui a dicembre, sono quantificabili in 5 milioni.
La nuova versione del piano industriale della compagnia è allo studio, sarà pronta la prossima settimana e ha già suscitato l’attenzione di Bruxelles.

Al Tesoro si è svolto ieri un incontro tecnico, preliminare all’aumento di capitale, con Deutsche bank e Banca Intesa, in un clima definito «costruttivo».

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