Cina, al bando i funerali a luci rosse

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Il pitone lo pagano i congiunti. A forfait. E anche la ragazza incaricata di farselo strisciare addosso nel modo più intimo possibile. Gli spettatori non pagano il biglietto perché ai funerali non si fa. In un certo senso, anzi, li pagano per indurli a seguire il feretro. Non in sonanti yuan, ma in «natura», cioè in spettacolo. È una forma un po’ eccentrica di cerimonia funebre venuta di moda da qualche mese in due remote contee cinesi, Lianyunggang e Donghai, nella provincia di Jiangsu. Una zona rurale, un po’ arretrata da cui ci si doveva aspettare, se è vero che i cinesi sono così attaccati alle loro tradizioni millenarie, qualcosa di semplice e frugale, anzi di intimo.
Ma la tradizione locale era diversa, mezza religiosa e mezza del modernissimo culto della pubblicità. I contadini dello Jiangsu sono abituati a pensare una versione locale dell’orgoglioso motto europeo, ripescato fra l’altro in Italia dal fascismo in forma di slogan da appiccicare sui muri: «Molti nemici, molto onore». Dalle parti di Jiangsu non importa che siano nemici, basta che ci siano. E non sono i vivi ad averne bisogno, ma i morti. Più gente c’è a un funerale, più bella figura fa il defunto presso gli antenati e, sulla terra, i suoi parenti e discendenti.
Ma un funerale è sempre un funerale, una cerimonia che si va a guardare per dovere e non, tranne alcuni eccentrici, per piacere. Si vede che i contadini dello Jiangsu sono avari di esibite condoglianze. Perché si presentino in un numero decente, dunque, occorre attrarli, e dunque inventare qualcosa. Ci ha pensato uno dei nuovissimi imprenditori che spuntano come funghi nella supercapitalistica Cina comunista del XXI secolo: qualcosa di più «vivo» della salma. Secondo una formula eterna ciò si traduce essenzialmente in ragazze. Il primo passo fu belle ragazze da guardare ai funerali. Secondo passo, meglio se sono poco vestite. Meglio ancora se ballano. Ideale se si spogliano ballando. In Occidente si chiama striptease. Che si fa a suon di musica, e quindi l’organizzatore, sempre a spese dei parenti del defunto, caricava anche l’orchestrina.
L’idea di genio però gli venne coi serpenti: pare che sia una cosa sensuale un bel pitone, o boa, che scivola attorno alle membra, e fra le membra della ragazza in questione, scaglie lisce contro pelle liscia, un po’ di struscio. Se i rettili avevano saputo pomiciare in modo decente (vale a dire indecente) li premiavano con una buona tazza di latte. Naturalmente a spettacolo concluso, cioè dopo l’ultima palata di terra sulla bara. Insomma, esequie a luci rosse, che pare abbiano avuto un certo successo.
I cortei funebri, invece che con poche anziane vedove dietro al feretro, si andavano allungando e riempiendo quasi esclusivamente di uomini. Il record pare sia stato raggiunto pochi giorni fa nella contea di Donghai: una salma, una ragazza, un serpente, duecento spettatori. Non pochi se si calcola che per regolamento il programma funerario deve essere pronto entro dodici ore dal decesso. Tariffa della ragazza: 20 euro a spettacolo. I rettili lavorano gratis.


Quella particolare azienda di pompe funebri ha messo da parte in un anno quasi 20mila euro. Adesso la pacchia è finita. Se n’è accorta la televisione, il governo si è convinto che «non è cosa». Qualcuno è finito in galera. La nuova tariffa, adesso, è di 30 euro: per chi denuncia un funerale a luci rosse.

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