Cina, a Bruxelles D’Alema perde la memoria

Boicottare i Giochi olimpici di Pechino? Meglio di no. Se lo scopo è quello di fare pressione sulla Cina perché si fermi la repressione ai danni dei tibetani e si avvii un dialogo la cosa da fare è invitare il Dalai Lama a Bruxelles: sarebbe un grande messaggio politico. Parola di Massimo D’Alema, che da ministro degli Esteri del governo Prodi il Dalai Lama non ha voluto incontrarlo.
Nello scorso dicembre, quando il venerato capo dei buddhisti tibetani venne a Roma fu ricevuto in una sala secondaria di Montecitorio, respingendo la richiesta dell’opposizione di tributargli gli onori dovuti a un capo di Stato e comunque a un’autorità spirituale sottoposta a persecuzione da parte cinese.

Il presidente del Consiglio lo evitò accampando in seguito la «ragion di Stato» (la cancelliera tedesca Angela Merkel, che tiene gli interessi dell’economia del suo Paese almeno nello stesso conto, ricevette invece il Dalai Lama con tutti gli onori e non successe nulla) mentre il ministro degli Esteri se la scapolò dirigendosi con fretta sospetta in Portogallo. Ora, come se niente fosse stato, D’Alema parla di invito opportuno, ma vuole scaricare sull’Ue la patata bollente. Lo stile è sempre quello: inconfondibile.

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