I pm vogliono il processo per Brugnaro

Il sindaco di Venezia è accusato di corruzione. Sinistra all'attacco: "Deve lasciare"

I pm vogliono il processo per Brugnaro
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Sperava che le memorie difensive trasmesse ai magistrati fossero sufficienti per respingere le accuse. Invece ieri è arrivata la doccia fredda sul sindaco di Venezia Luigi Brugnaro (nella foto). I pm hanno chiesto per lui, e per due suoi stretti collaboratori (il suo capo di gabinetto e il vice) il rinvio a giudizio per corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio. È la conclusione dell'inchiesta «Palude», deflagrata lo scorso luglio, e che riguarda anche i progetti di vendita dei terreni di proprietà di una società del primo cittadino. Due anni di intercettazioni, 34 indagati, misure cautelari e arresti, tra cui quello dell'ex assessore alla mobilità Renato Boraso. Al centro del filone d'inchiesta politico che coinvolge il sindaco, c'è la trattativa, poi mai andata a termine, per la vendita dell'area cosiddetta «dei Pili», ai margini della laguna di Venezia, al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong - anche lui indagato con il suo referente italiano Luis Lotti. Secondo i pm, collegata all'affare, ci sarebbe stata anche la vendita di Palazzo Papadopoli, ex sede del comando della polizia locale in piazzale Roma.

Un passo indietro. La terra dei «Pili» è un'area piuttosto inquinata da tempo, per la vicinanza delle raffinerie di Porto Marghera. Era stata acquistata all'asta da Brugnaro nel 2006, quando era solo imprenditore e non era ancora entrato in politica. Era stato l'unico a partecipare all'asta del Demanio, chiudendo l'acquisto a 5 milioni di euro. I pm sostengono che Brugnaro, nel 2017, avrebbe proposto a Ching, di comprare quei terreni - circa 41 ettari - a 85 milioni di euro. Prezzo poi che sarebbe lievitato a 150 milioni, per gli inquirenti dietro la promessa di un cambio di destinazione, e di un aumento di cubature tale da consentire l'edificazione di grattacieli e ville, oltre a un palasport, un casinò, una casa di riposo e altro. Nella progettazione sarebbe stata coinvolta una società di Treviso, il cui referente, Claudio Vanin, anche lui indagato, sarebbe diventato poi il grande accusatore di Brugnaro. Nell'accordo, secondo le indagini della Guardia di Finanza, ci sarebbe stata una sorta di pre condizione, e cioè l'acquisto di Palazzo Papadopoli, da parte dello stesso Ching, L'edificio era stato valutato prima 14 milioni, ma due aste a quella cifra erano andate deserte. Poi una nuova valutazione a 10,7 milioni, il prezzo a cui l'ha acquistato Ching. Con un presunto sconto ad hoc, per i pm. È in questa vicenda che l'ex assessore Boraso avrebbe preso una tangente da 73mila euro, sotto forma, dicono i magistrati, di falsa consulenza. Il filone di Boraso è quello di una presunta corruzione per favorire progetti urbanistici di imprenditori indagati.

Brugnaro aveva scelto di non farsi interrogare, e di inviare memorie difensive. Ha sempre sostenuto la propria estraneità ai fatti, smentendo qualsiasi trattativa sui terreni.

Quanto al Palazzo Papadopoli, il sindaco sostiene che l'immobile sia stato venduto a un prezzo congruo dopo due aste deserte. Ma Pd e M5s chiedono le sue dimissioni, «in modo da potersi difendere nel processo e aprire così una stagione nuova alla guida della città».

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